di Vittorino Merinas
Quello che Wojtyla definiva “Istituto familiare”, Familiaris Consortio, è per Francesco “Gioia d’amore”. Per chi conosce il pensiero tradizionale della chiesa sul matrimonio è differenza tutt’altro che trascurabile. Non si tratta di parole, ma di natura: da entità giuridica fucina di eredi a focolare d’amore aperto alla vita. Una novità così grande che se sviluppata potrebbe mettere in questione molto della teologia matrimoniale cattolica. Dunque, chi storce il naso sull’Esortazione di Francesco ha ragione perché quell’incipit non è stato spinto fino al punto da rivoluzionare norme che bloccano una risposta liberatoria, come si attendeva dai due Sinodi, ai ben noti problemi che la cultura contemporanea pone alla chiesa. Ciò, però, non giustifica un giudizio puramente negativo su un biennio di riesame della dottrina matrimoniale. Nonostante la forte opposizione al cambiamento, resta qualche spazio alla speranza che la chiesa si apra agli impulsi del Vaticano II cui Francesco rifà il suo pontificato. Non mancano motivazioni a sostegno di questa lettura dell’Amoris laetitia.
Il testo di Francesco non ha nulla della freddezza d’un trattato dottrinale. Ha il calore della vita che caratterizza ogni azione di Bergoglio. “Ricorderò alcuni elementi essenziali dell’insegnamento della chiesa, per far spazio ai due capitoli centrali dedicati all’amore”, specifica fin dall’introduzione. Non asfittici assoluti normativi, ma le potenzialità di felicità racchiuse nel rapporto sponsale. Qui sta la differenza sostanziale con l’affine Esortazione Familiaris Consortio, del 1981, di papa Giovanni Paolo II. Francesco ne segue lo schema, ma con tutt’altra impostazione e ben diverso spirito. Quella è tessuta sull’amore di Dio per l’uomo, quest’altra s’accosta all’uomo per prospettargli la dovizia dell’amore umano. Quella è un trattatello su ciò che dev’essere la famiglia, questa descrive ciò che può essere. L’una guarda al passato, l’altra è l’oggi.
L’amore, dunque, è il cuore pulsante della famiglia. La sua forza gioiosa. Non l’amore spirituale, ma l’amore che si radica anche nel sesso, cui Francesco non fa solo un accenno pudico, ma ne discorre apertamente. Nomina la “passione erotica”, dice che “il matrimonio è un’amicizia che comprende le note proprie della passione”, che in esso “desideri, sentimenti, emozioni occupano un posto importante”. Un linguaggio inusuale in scritti ecclesiastici. Purtroppo, questa nuova, realistica comprensione del matrimonio non è spinta fino allo scassinamento dell’insegnamento proposto tradizionalmente. Lo spostamento del baricentro matrimoniale sull’amore non ha avuto conseguenze sugli aspetti dottrinali. Comunque, il passo è compiuto. Ad altri Francesco il seguito.
Un punto dottrinale capitale a sostegno dell’indissolubilità del matrimonio viene più che intaccato: il suo rapporto con l’indefettibile amore tra Cristo e la chiesa. Al paragrafo 73, Francesco gli assesta un primo colpo: “Benché l’analogia tra la coppia marito-moglie e quella Cristo-chiesa sia un’analogia imperfetta, essa invita ad invocare il Signore…” Il secondo decisivo colpo è al paragrafo 122: “Non è bene confondere piani differenti: non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua chiesa…” Logica dice che l’indissolubilità non può più, ora, trovare appoggio su tale assioma.
Le norme restano, ma Francesco richiama tre elementi risolutivi per rapportarle alla vita: il primato della coscienza individuale, la situazione personale, il discernimento colloquiale tra persona e pastore. Teologicamente nulla di nuovo, ma sì lo spirito che li anima: “Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta irregolare vivano in stato di peccato mortale”. Dunque, chiunque non sia in quello stato può accostarsi ai sacramenti!.
In Amoris Laetitia non c’è solo la Relazione finale dei due Sinodi, dominati dall’ansia, infruttuosa, di dar soluzione ai problemi che erano sul tappeto. Le norme tradizionali sono rimaste nonostante esse non siano dogmi di fede, ma solo insegnamento costante della chiesa. Nell’Esortazione c’è anche la mano e soprattutto il cuore di Francesco che ne fa un documento di rara umanità in un’istituzione che parla d’amore senza conoscerne la “tenerezza” né la portata. Sebbene le leggi resistano nonostante lui e forse anche in lui, egli ha chiarito che “irregolarità” e peccato non sono sovrapponibili. L’amore prevale sulla legge! Un percorso è stato indicato che, già alleggerendo qualche problematica, apre a nuove prospettive. Ci vorranno tempo e dibattiti, ma con Francesco saranno possibili senza incorrere nelle ire del Sant’Uffizio. (Laetitia, 3, fine.)