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sabato, 27 Luglio 2024

Amazon e amarcord

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Redazione
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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Non mi sento di associarmi alle critiche severe ricevute da Amazon per aver brevettato un braccialetto elettronico con Tom-tom incluso per aiutare i suoi dipendenti a non perdersi nei meandri dei magazzini. Anzi.
I consumatori dovrebbero intonare cori di giubilo per riconoscere alla multinazionale l’assoluto impegno di mantenere fede alle sue promesse sui tempi di consegna dei prodotti, di corrispondere alla nostra fregola di possedere tutto e subito.
E i lavoratori, le dovrebbero essere grati nel ritardare l’impiego di robot per evitare pericolose contrazioni occupazionali con riverberi altrettanto pericolosi sul piano economico. Amazon sta soltanto offrendo a una parte (numerosissima) della razza umana il tempo necessario di adeguarsi al nuovo sistema sociale, alla piramide di ricchezza e di potere che pochi eletti si sono posti l’obiettivo di ricostruire con pazienza certosina e con dovizia di particolari.
Uso il verbo ricostruire, perché l’umanità ha già attraversato questa condizione di ingiustizia classista. Nell’antica Grecia, la popolazione era divisa in tre classi: al vertice sacerdoti e guerrieri, alla base gli iloti, schiavi di proprietà dello Stato, cui era concesso di partecipare alle guerre per misurarne la fedeltà. Sostituite guerra con consumo, schiavi con consumatori, e vi ritroverete perfettamente proiettati nell’età dell’E-commerce dove tutto si giustifica, dalla soppressione dei diritti alla perdita della dignità, la stessa che scopriamo venire meno quotidianamente.
Quella sul lavoro, la più appariscente come Amazon ci insegna, altro non è che il terminale dei nostri continui arretramenti morali e etici per acquistare a prezzi stracciati merce di cui potremmo fare benissimo a meno o di accettare le code al freddo per diventare cintura nera nei saldi.
In fondo, costa molto meno fatica, come la fatica di pensare che stiamo correndo in discesa verso una nuova schiavitù di ritorno, diversa dalle precedenti soltanto per la raffinatezza con cui si compera anche il dolore. Ringraziamo dunque Amazon perché ha sdoganato finalmente la nostalgia e assestato un fiero colpo a tutti quei soloni e snob che la considerano una malattia. Amazon oggi è il nostro salvagente. Ha svelato in quale abisso potrà sprofondare il mondo se non si ha il coraggio di cambiare per primi noi stessi.
Insomma, Amazon ci dice che abbiamo tutti i diritti all’amarcord, a produrre nostalgia in quantità industriale, e magari a ricordare il mitico “Autunno caldo” con Trentin, Carniti e Benvenuto che guidavano la lotta di Fiom, Fim e Uilm per costruire la Flm, la federazione lavoratori metalmeccanici, ad emozionarci per la bandiera rossa issata su Mirafiori, come raccontò un celebre articolo pubblicato sul Manifesto di tante vite fa.
Certo, chi ricorda – di qui l’amarcord in salsa operaia – quel periodo storico e sindacale, in cui il conflitto sociale era anche un valore, ha da tempo abbandonato la fabbrica, ben prima della rottamazione renziana.
Però, chi ha vissuto con lo stato d’animo di cambiare i rapporti di forza tra capitale e lavoro, di conquistarsi una boa per ospitare i diritti in mezzo ad un oceano di doveri continua ad avere una solida convinzione da tramandare ai posteri: che il mondo migliore non sia quello da accettare con le sue vergognose disumanizzazioni, ma un mondo da trasformare al servizio dell’uomo e del senso di giustizia. E ditemi se è poco.

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