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A marzo fusione Repubblica-Stampa: come cambia l’informazione torinese

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

di Mario Berardi 

Il drastico ridimensionamento della presenza Fiat a Torino (cura Marchionne-Elkann) tocca anche un gioiello della famiglia Agnelli: il quotidiano “La Stampa”, fiore all’occhiello dell’Avvocato. Entro marzo avverrà la fusione con il Gruppo L’Espresso dell’ingegnere De Benedetti e John Elkann si limiterà a detenere circa il 5% delle azioni della nuova società editoriale, rinunciando al “primato” (ma a Londra manterrà la guida del prestigioso settimanale “The Economist”).
I giornalisti de “La Stampa”, temendo un ridimensionamento, hanno proclamato lo stato di agitazione; ma la vertenza appare tardiva perché i giochi finanziari sono ormai fatti. Secondo le previsioni degli esperti in Italia resteranno due grandi gruppi editoriali, “Il Corriere della Sera” dell’alessandrino Urbano Cairo, “La Repubblica-L’Espresso” del torinese De Benedetti (per pochi mesi anche AD del Gruppo Fiat).
Il quotidiano di via Lugaro pare destinato ad uscire dalla dimensione nazionale (da cui il ridimensionamento di giornalisti e poligrafici) per divenire il numero uno dei fogli regionali della catena Finagil-Espresso, che controlla una dozzina di testate, dal “Tirreno” di Livorno alla “Sentinella del Canavese” di Ivrea. Per i paradossi della storia “La Stampa” diverrà la nuova “Gazzetta del popolo”, la storica testata piemontese chiusa nell’81 per un debito di quattro miliardi di lire, nell’assenza del potere economico e finanziario che – nello stesso tempo – trovava con la Fiat di Agnelli e Romiti centinaia di miliardi per salvare il “Corriere della Sera” dal naufragio della P2 di Licio Gelli e Tassan Din. La riduzione di ruolo del foglio torinese non si spiega soltanto con la “cura Marchionne” con la crisi generale della carta stampata: dopo la scomparsa dell’Avvocato, la Famiglia non ha compiuto investimenti significativi nel giornale, anzi ha venduto persino la prestigiosa sede di via Marenco, in riva al Po.

informazione torinese
Oggi “La Stampa” vende 180mila copie tra edicole e on-line, contro le 400mila degli anni Ottanta: è vero che la flessione è generale, ma “Corriere” e “Repubblica” sono inseriti in importanti gruppi editoriali, mentre “la busiarda” (come la chiamavano i metalmeccanici) è sola, senza tv, libri…. Nel dopoguerra la terra subalpina contava otto testate politiche e informative, oggi – nel regno dei social network il panorama editoriale è ridotto all’osso, ma il mondo politico e culturale sembra “distratto” di fronte alla flessione di ruolo; è un’assenza preoccupante perché, con la concentrazione del potere mediatico a Roma e a Milano, Torino subisce un’oggettiva sconfitta; alcune voci del mondo imprenditoriale auspicano che la Exor di Elkann accresca la sua presenza nel Gruppo dell’ingegnere Carlo De Benedetti, come “garanzia di sviluppo”; per il mondo giornalistico non c’è rischio di licenziamenti, ma di sostanziale blocco del turn-over, con riflessi negativi sulle giovani leve (compresi gli allievi della scuola universitaria di giornalismo). Anche la galassia RAI non è fonte di notizie incoraggianti per il Piemonte: secondo ”L’Espresso” il nuovo Dg Campo Dall’Orto avrebbe in mente di fondere la Testata Giornalistica Regionale con il canale satellitare All- News, creando cinque macro-aree, con Milano a capo del nord-ovest; sarebbe – se attuata – la sconfessione delle autonomie regionali dei venti TG “locali”, dimenticando il carattere storico della presenza Rai a Torino e la funzione anche nazionale della sua redazione. C’è da sperare che nel passaggio di consegne tra i governi Renzi e Gentiloni questo progetto resti nel cassetto. Una nota positiva giunge invece per le testate locali piemontesi (un vero patrimonio culturale, informativo, occupazionale) con il varo della riforma dell’editoria; come ha scritto il presidente della FNSI Beppe Giulietti “era dal 1981 che la legge sull’editoria non veniva sottoposta a una revisione radicale e profonda”. La nuova legge prevede il fondo unico per l’editoria e pone così ne ai mille rivoli del sostegno, spesso finiti in luoghi e mani poco affidabili; c’è da sperare che anche la Regione Piemonte, come la Sardegna, proceda con una sua “legge”, ad ulteriore sostegno di un ricco e valido panorama informativo.

Articolo pubblicato sul numero mensile del 15 gennaio 2017

 

 

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