Una diffida alla Regione Piemonte è stata depositata da parte delle associazioni aderenti alla “Rete Più di 194 voci Torino”, nata per sostenere l’autodeterminazione e la salute sessuale” e da Laiga (Libera associazione italiana ginecologi).
Nel testo si spiega che la Regione “non applica non solo la Legge 194/1978 ma neppure l’Aggiornamento delle Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine emanate dal Ministero della Salute, sulla base delle indicazioni del Consiglio Superiore di Sanità e dell’Agenzia Italiana del Farmaco il 12 agosto 2020 che prevedono il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale in day hospital o presso strutture ambulatoriali/consultori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati all’ospedale ed autorizzati dalla Regione, come in uso nella gran parte degli altri Paesi europei- riconoscendo l’autodeterminazione delle donne e favorendo un importante risparmio per il Sistema sanitario pubblico”.
Insomma per le associazioni la “Regione Piemonte, non solo non si è ancora adeguata alle nuove Linee di indirizzo delle autorità sanitarie nazionali, ma ne ostacola, di fatto, l’applicazione e, in caso di interruzione di gravidanza con metodo farmacologico, continua a richiedere il ricovero sino a tre giorni”.
Per questo viene chiesto che sia “consentito a tutte le donne, dopo un’adeguata informazione, di scegliere il metodo con il quale effettuare l’interruzione della gravidanza e il luogo ove effettuarla” e che “vengano individuati i consultori, che, in stretto collegamento con le strutture ospedaliere di riferimento, possano garantire ed eseguire l’interruzione volontaria di gravidanza”.