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sabato, 27 Luglio 2024

Verbali affaire Atc-Manet, un impresario: “Risparmiavo sulla qualità per non perdere il lavoro”

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Redazione
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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Nuovi inquietanti scenari si disvelano nello affaire Atc. Ieri dieci tra dirigenti e funzionari dell’Agenzia e della società in house Manet sono finiti in manette: due ordinanze di custodia cautelare in carcere e otto ai domiciliari.
«Consegnavo gli immobili con dichiarazione di conformità contraffatte, dichiaravo aperture di ventilazione in realtà già realizzate a proprie spese dagli inquilini, effettuavo i lavori con pezzi riutilizzati, realizzavo una manutenzione parziale ma la dichiaravo come totale, oppure non la facevo neppure; aggiungevo acqua al posto del correttore dell’acidità nelle centrali, aggiungevo acqua nei pannelli solari al posto di antigelo, aggiungevo acqua al posto del sale nelle vasche di salamoia della centrale». È questo quanto dichiarato da un impresario, Salvatore Siragusa, che lavorava nella case dell’Atc. Ed è proprio questa testimonianza ad aver fatto sì che venisse aperta un’inchiesta.
Ciò che lui racconta è proprio il “sistema” truffaldino messo in piedi da Atc e Manet: il titolare della ditta doveva emettere fatture per false forniture e lavori mai eseguiti. E per poter continuare a fare parte del sistema doveva risparmiare sulle sue opere perché «O facevo così o non lavoravo», dice Siragusa.
Nell’estate del 2009 l’impresario fece dei lavori nell’abitazione di uno dei dirigenti dell’Atc, ma «In quell’occasione gli dissero – scrive il gip dell’inchiesta, Potito Giorgio – che il nome del dirigente non doveva risultare da nessuna parte».
Ma facciamo un passo indietro. Manet, la società in house (ovvero una società a capitale interamente pubblico, che si occupa della gestione delle reti e erogazione dei servizi pubblici locali) secondo la normativa, avrebbe dovuto compiere il 70% dei lavori, mentre il restante 30 poteva venire subappalatato.
Grazie al piano messo in piedi dal direttore generale di Manet Carlo Liberati, finito in carcere, definito il “deus ex machina” che pilotava ogni cosa come nella tragedia greca, i dipendenti Manet eseguivano una parte minima dei lavori e tutto il resto lo affidavano a ditte che emettevano fatture false per essere pagate.
Per fare ciò venivano emessi Sal (stato di avanzamento lavori) falsificati. «Si garantisce in questo modo a Manet – scrive il gip – un utile ingiustificato che permettere di mantenere in vita una struttura ben più pesante e costosa di quel che sarebbe necessario».
Ma non solo. Perché chi si “ribellava” a questo sistema veniva tagliato fuori. È il caso di un dipendente di Atc Project Pietro G., che dopo essersi rifiutato non era più stato scelto come direttore dei lavori. «Ho sempre redatto personalmente il Sal – aveva raccontato in procura – Per quanto riguarda la manutenzione straordinaria che vedeva Manet affidataria, per i quattro cantieri di cui sono stato direttore dei lavori, quando ho raffrontato i Sal con il giornale di cantiere e con quanto avevo riscontrato, e cioè l’assenza di operai Manet in cantiere, non ho firmato. Da quel momento non si sono più permessi di sottopormi un sal, ma non ho nemmeno più ricevuto incarichi di direzione da lavori su cantieri dove Atc aveva affidato a Manet i lavori».
«La reazione del dipendente costituisce un momento chiave – scrive il gip Potito Giorgio – poiché da questo momento i vertici Manet in accordo con i vertici Atc ideano un nuovo e più artificioso sistema per continuare a far realizzare ai propri subappaltatori anche la parte di lavori di competenza della società in house ammantandosi tuttavia di una veste apparentemente lecita: l’utilizzo distorto del distacco di lavoratori per far apparire la formale presenza di operai Manet in cantiere».
Ciliegina sulla torta una telefonata, definita emblematica dal gip. La conversazione risalente al 22 febbraio 2013 si svolge tra Siragusa e un amico e fa emergere lo scopo del sistema Atc-Manet.
«“Il discorso – dice – sta in questi termini, l’Atc ha queste società interne”. Stefano: “E fanno il gioco delle tre carte…”. Siragusa: “E quindi i lavori glieli dà a questi per poter mantenere più gente e robe del genere… e così il presidente di una parte fa il vicepresidente dall’altra. Puppa tre o quattro stipendi… nello stesso tempo sono dei carrozzoni con 100 persone dentro che non fanno un cazzo perché non sanno un cazzo e fanno tutte le ditte… a questione è questa qui, la giustifica dei lavori, loro sui lavori ci ricaricano il 15% ok, dopo di che questi qui danno i lavori a me ok, e io gli faccio lo sconto del 15%”. E aggiunge: “Le aziende in house non dovrebbero esistere per legge perché sono quelle lì che permettono il pagamento di tangenti detto fra noi… o di dare i lavori agli amici degli amici…”».

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