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domenica, 8 Settembre 2024

Valentina Sganga e l'importanza olimpica del dissenso

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Pochi dubbi per Valentina Sganga: «Chi non pone condizioni nella candidatura di Torino per le Olimpiadi 2026 dice sì al debito e a Torino stampella di Milano».
La capogruppo del Movimento Cinque Stelle nel suo intervento racchiude tutta la storia di questa candidatura olimpionica, i dubbi del suo gruppo e la linea da seguire.
Non sarà però l’unica a parlare dei pentastellati, al contrario di quanto sarebbe stato deciso in precedenza dai Cinque Stelle. Infatti un altro grillino prende la parola in Sala Rossa: è Damiano Carretto, uno dei dissidenti.
E il suo intervento, non tanto per i contenuti, ma piuttosto perché appunto ci si aspettava soltanto quello della Sganga, non viene preso bene.
Ad esempio non passa inosservato il comportamento di  Marco Chessa che dopo le parole di Carretto si alza e va via.
Ma torniamo all’intervento della capogruppo.
“Il 10 luglio scorso, come tutti sappiamo, il consiglio nazionale del Coni ha deliberato la costituzione di una commissione di valutazione che dovrà esaminare gli studi di fattibilità delle 3 città che hanno manifestato interesse per la candidatura ai giochi olimpici invernali 2026.
Questa commissione, nel scegliere la città candidata, dovrà seguire delle linee guida, 13 punti che abbiamo riportato nella narrativa di questa delibera. E, nel dirlo, sottolineo “delibera”. E’ proprio una delibera infatti, e non altri tipi di atto come mozioni o odg, ciò che il Coni ha richiesto ai Consigli Comunali di adottare per portare avanti il percorso di candidatura. Lo sottolineo perché quest’oggi, oltre alla delibera presentata dalla maggioranza, abbiamo in discussione anche un odg presentato dal capogruppo Lo Russo e da parte dei capigruppo di minoranza che, resisi conto tardivamente di non aver letto con sufficiente attenzione il punto 4 delle linee guida del coni, hanno invano cercato in conferenza capigruppo di trasformare l’ordine del giorno in una delibera, per l’appunto. Ma si tratta di una disattenzione che – ci tengo a dirlo Presidente – gli perdoniamo, sarà probabilmente frutto dell’euforia olimpica e, lo sappiamo, l’euforia olimpica a volte fa brutti scherzi, scherzi da miliardi di debiti in alcuni casi (e la città di Torino su questo ne sa qualcosa) o scherzi da delirio di onnipotenza in altri.
Ed ecco, è di quest’ultimi che vorrei parlare, presidente, nell’esporre questo atto.
Del diritto di potenza che il Coni di Malagò ha cercato di esercitare nel chiedere alle amministrazioni un sostegno pieno e incondizionato alla candidatura. Un sostegno assoluto, un sostegno senza porre restrizioni di sorta significa consegnare le chiavi della città in mano al comitato olimpico, è come firmare una cambiale in bianco, è un salto nel vuoto, e sono certa che l’euforia olimpica che anima tante persone in questa sala e non solo non è un paracadute sufficiente.
Si chiede in sostanza ad un organo elettivo, un consiglio eletto democraticamente dai cittadini di rinunciare alle sue prerogative democratiche di indirizzo e di controllo pur di massimizzare le possibilità di essere scelti come città candidata.
Leggendo quel punto ho immediatamente pensato, come tanti commentatori, che fosse intriso di una certa ipocrisia: quella di trovare un escamotage, una scusa velata ma neanche troppo, per eliminare Torino dalla corsa. E sono in realtà persuasa dall’idea che sia effettivamente così. Non credo possa essere un caso che, appena pochi giorni prima della deliberazione del Coni, il gruppo consiliare del Movimento 5 stelle qui a Torino si era fatto promotore di un manifesto di 12 punti, che di fatto erano e sono delle condizioni vincolanti e imprescindibili per quello che è il nostro modello di realizzazione dell’evento olimpico.
Ma rimaniamo convinti che un’amministrazione non solo possa, ma debba, debba pensare di esercitare dei condizionamenti su un evento che va ad impattare sul proprio territorio da qui ai prossimi vent’anni.
Ed è quello che abbiamo fatto con questa delibera, una delibera che se approvata sancirà l’impegno a portare avanti il percorso di candidatura iniziato con la consegna dello studio di fattibilità.
Una delibera che sancirà il sostegno del Consiglio Comunale, un sostegno che però è tutt’altro che incondizionato. È, certamente, un sostegno condizionato al mandato che abbiamo ricevuto dagli elettori e a 4 parametri che ci siamo sostanzialmente già detti nel corso dell’ultima discussione:
– L’analisi costi e benefici per tutte le città candidate
– L’impossibilità di fare debito per gli enti locali
– No all’ipotesi del tandem
– Rispetto dell’indirizzo del consiglio
Ma, a proposito di “condizioni”, volevo ora soffermarmi un attimo sull’Ordine del Giorno proposto dalle Minoranze e che vorrebbero fosse votato dal Consiglio.
In questo dispositivo accade una cosa curiosa, che vado a descrivervi.
Nella prima parte del documento si leggono i 12 punti promossi dalla Maggioranza a tutela di quello che riteniamo il miglior perimetro possibile per lo svolgimento delle Olimpiadi Invernali del 2026.
Una premessa che – suppongo – le Minoranze vogliono far passare come un grande gesto di apertura.
Il problema è che ci credono talmente poco che non si accorgono che lo stesso documento si conclude con l’accettazione del famoso punto 4 redatto dal CONI e di cui ho parlato poc’anzi, che prevede invece un appoggio “incondizionato” da parte delle amministrazioni locali.
Ora, è evidente a tutti che c’è qualcosa che non va.
Capite che ancora prima di un problema politico, sociale, economico, sportivo o di qualsiasi altra natura c’è un problema squisitamente logico. C’è un atto in cui prima vengono poste delle condizioni, che sono le nostre condizioni, e immediatamente dopo viene espresso un supporto incondizionato.
E visto che il nostro dovere è quello di tutelare – tra le altre cose – la ragionevolezza (e la credibilità) di quanto avviene in quest’aula tale ODG è per noi irricevibile.
Quadro molto diverso da quella che è la delibera che presentiamo oggi, che peraltro è in linea con le vostre stesse premesse e che dunque vi invitiamo a votare.
Vede, capogruppo Lo Russo, in quella che prima ho definito “euforia olimpica” voi avete dimostrato di essere pronti – ancora una volta – ad abdicare a qualunque prerogativa di quest’aula, a qualunque potere di negoziazione e, in ultima istanza, agli stessi doveri per cui tutti noi siamo stati eletti.
In altre parole, voi avete dimostrato di essere disponibili ad arginare quello che – con la stessa creatività di ragionamento di cui sopra – avete definito “suicidio politico” con un suicidio economico: siete talmente disposti ad avere le olimpiadi a qualunque costo che piuttosto accettate carta bianca, quindi sì a nuovo debito, sì a nuovo consumo di suolo, sì a chi dice che Torino deve essere la stampella di Milano. Perché questo sarebbe stato l’esito di questa vicenda se l’iter di candidatura fosse proseguito secondo le vostre non-condizioni.
I cittadini hanno dimostrato nelle urne che di questi harakiri ne hanno avuti abbastanza e noi siamo qui per porre condizioni vere che mirino all’esclusivo interesse del territorio e delle future generazioni. Con la ragione, con la dialettica e, sì, anche con il dissenso se necessario.
E sul concetto di dissenso mi avvio alla conclusione.
Il vituperato, umiliato, denigrato, irriso dissenso. È vedendo in questo un vulnus che voi state state tentando di infilare il vostro grimaldello nel vano tentativo di spaccare un’idea Politica.
Il problema è che questo per noi non è un vulnus, ma un valore imprescindibile.
Badate bene, per nulla arginabile alle vicende degli ultimi mesi.
Nel caso di specie, il dissenso sulla questione delle Olimpiadi è quello che in varie forme, in varie misure e con varie voci procede sin dal 2006, e forse anche prima.
È il motivo per cui i temi della sostenibilità dell’evento, dell’attenzione al territorio e al futuro delle prossime generazioni oggi non sono un di cui ma sono centrali nel dibattito politico locale nazionale e internazionale.
Quel dissenso ha portato oggi a considerare condizioni necessarie il recupero degli spazi, la rinaturalizzazione delle aree verdi, la tutela della natura vergine e molto molto altro cui voi stessi avete detto di essere d’accordo.
Il compito della Politica è quella di trasformare il dissenso in forza creatrice. È estremamente faticoso, ve lo assicuro. Molto di più dell’accettazione prona di decisioni altrui. Ma noi abbiamo accettato questa sfida e mi sento di dire che l’abbiamo vinta.
Motivo per cui oggi siamo qui a dibattere, a parlare di futuro e, soprattutto, a disegnare uno diverso da quello che fino ad oggi è stato prospettato”.

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