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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Guerra di dazi, guerra di folli

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Il presidente americano Donald Trump che parla tendenzialmente di tutto per dire niente, quando afferma qualcosa di realmente concreto, quasi sempre è falso.
E sostenere che è un gaffeur seriale è una sorta di complimento che l’umanità gli concede per non urtare la sua suscettibilità. Trump è pur sempre il presidente della più potente nazione della Terra, anche se quel primato gli sta troppo largo almeno per sensibilità e buon senso.
Sensibilità al minimo sindacale per l’impronta di stile data al rapporto con il sesso debole, buon senso in caduta libera per la sua ossessione sui dazi doganali. Quando ne parla sembra ormai la caricatura di un’altra caricatura (anche fisica), quella dell’infelice generale guerrafondaio Jack D. Ripper del film “Il dottor Stranamore”, interpretato dal maiuscolo Sterling Hayden, l’attore reso celebre da John Huston nell’interpretazione di Giungla d’asfalto.
Come D. Ripper, anche Trump sogna la sua guerra purificatrice: il generale folle contro il comunismo, Trump più larvatamente contro le potenze commerciali, Europa, Cina, Russia. Ma sempre di guerra si tratta. Anzi è più guerra di altre, perché di natura economica, perché con i dazi si sostengono interessi non più conciliabili o mediabili di mercato.
Del resto, lo scontro sulle tariffe doganali o le dispute commerciali rappresentano da sempre il preavviso di qualcosa di molto più serio all’orizzonte. Lo fu nel 1870, nella guerra tra la Francia di Napoleone III e la Germania di Bismarck con l’impero britannico della regina Vittoria alla finestra, pronto ad approfittare delle disgrazie altrui, come avvenne, per accaparrarsi le quote francesi del canale di Suez e avere il monopolio dei traffici su mare sugli Oceani e sul Mediterraneo.
E come la mettiamo, ancora prima, facciamo un passo indietro al 1853, con le cannoniere dell’ammiraglio americano Perry nella baia di Edo per costringere il Giappone ad aprirsi al commercio con gli Stati Uniti? Sempre ai ritroso nel tempo, come non ricordare la guerra dell’oppio, scatenata dalla Gran Bretagna nel 1839 contro l’Impero cinese per sostenere i profitti della Compagnia britannica delle Indie orientali, i cui possedimenti anni dopo passarono nelle mani della regina Vittoria… Ancora: la ribellione dei Boxer cinesi nel 1899, provocata dalla continue invasioni di campo delle nazioni occidentali e del Giappone che sottraevano ricchezze ai legittimi proprietari cinesi.
Infine, la conferenza di Algeciras in Spagna nel 1906, estremo tentativo di assorbire le tensioni commerciali tra Francia e Germania, preludio nel 1914 della Prima Guerra Mondiale, Historia magistra vitae, ma non abbastanza per Trump.
Avesse almeno il buon gusto di invitarci a mettere il dazio sulle sue dichiarazioni, sicuramente le bloccherebbe sul nascere.

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