Dai megafoni della caserma di Sinferopoli non arrivano ordine concitati, ma le note di una musica. Un po’ per esorcizzare quando sta accadendo fuori dalla porta principale, un po’ per rasserenare, prima che avvenga ciò che tutti temono e che l’unica musica verrà ascoltata un domani sia quella sorda delle raffiche di mitra.
Nella capitale della Crimea, in Ucraina, la colonnina di mercurio non smette di salire: la Russia di Putin continua a inviare truppe.
Fuori dalla caserma, in via Karl Marx, ormai diventata un simbolo in questa maledetta vicenda, la tensione è insopportabile. I soldati russi aspettano solo un segnale, probabilmente un via dal Cremlino per dare l’assalto ai nidi delle mitragliatrici e ai sacchi di sabbia da dove spuntano gli elmetti ucraini. Non è dato a sapersi. La via infinita della diplomazia lavora minuto per minuto, mentre si avvicina la data del referendum secessionista.
Dentro la caserma ucraina, come detto, una musica: soldati che si sono improvvisati “dj” per i propri commilitoni. Bisogna tenere su il morale della truppa. La preoccupazione del comandante della caserma, Igor Mamchur, è tanta, come ammette in una telefonata all’agenzia stampa italiana Agi: «Siamo sempre più preoccupati – dice -Abbiamo informazioni certe che il numero dei soldati russi sta crescendo e non si sa quale sarà lo scenario dopo il referendum del 16 marzo».
Intanto fuori i giovani militari controllano ogni movimento che arriva dalla strada. Dietro i loro passamontagna gli occhi di chi è pronto ad una guerra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA