Oramai a quasi 48 ore dall’entrata in vigore del cessate il fuoco raggiunto a Minsk, stipulato in 13 punti da Vladimir Putin, Petro Poroshenko, Angela Merkel e Francois Hollande, la tregua in Ucraina tiene, nonostante l’esplosione di piccole schermaglie a Donetsk, figlie dei colpi di armi da fuoco partiti da Debaltseve.
Mentre la gran parte della stampa italiana, con poche eccezioni, continua a far finta di non conoscere lo schema della tregua raggiunta a Minsk, pur di dare addosso al “nemico dell’Occidente”, Vladimir Putin, antagonista secondo solo alla mostruosa compagine dell’Isis, restano sul campo delle precisazioni indispensabili per comprendere lo scacchiere della tregua e per non distribuire troppo celermente colpe e responsabilità dei fallimenti diplomatici: a Debaltseve, zona dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk, si combatte perché il territorio non è parte degli accordi raggiunti a Minsk, restando una faglia militare che testimonia l’incompletezza e l’insufficienza della maratona istituzionale svoltasi in Bielorussia.
Il responsabile della Repubblica di Donetsk, Alexander Zakharchenko, ha difatti dichiarato nei giorni scorsi, a poche ore dalla tregua: «Le milizie del Donbass smetteranno di combattere dappertutto, eccetto che a Debaltseve», aggiungendo che gli accordi di Minsk non dicono nulla sul nodo ferroviario conteso tra Kiev e gli indipendentisti. Nella città di Debaltsevo, da giorni, sono assediati 8mila soldati ucraini: 5 sarebbero stati uccisi e 21 sarebbero rimasti feriti durante un confronto armato per il controllo dello strategico nodo.