Dopo il fallimento delle trattative per un cessate il fuoco generale, sembra precipitare la situazione in Ucraina. Alexander Zakharcenko, leader separatista dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk, ha annunciato la mobilitazione di circa 100 mila uomini per combattere l’esercito regolare di Kiev.
«Il tutto avverrà entro dieci giorni» ha assicurato Zakharcenko ai giornalisti dell’agenzia Dan, vicina ai ribelli filo-russi, spiegando di contare inizialmente sulle forze dei volontari.
Il leader separatista ha lanciato insomma una mobilitazione generale, puntando a mettere insieme tre brigate di fanteria motorizzata da usare per estendere la sua controffensiva a tutto il territorio delle regioni di Donetsk e Lugansk, in gran parte controllate dalle autorità di Kiev.
La mossa dei separatisti arriva sull’onda di un inasprimento del conflitto nell’est dell’Ucraina, seguito al fallimento dei colloqui di pace tra Kiev e i separatisti filo-russi e alla conseguente fine della tregua raggiunta a settembre.
«Hanno rifiutato di discutere sulle misure per un cessate il fuoco immediato e il ritiro delle armi pesanti», ha spiegato l’emissario del governo ucraino, l’ex presidente Leonid Kuchma.
Ma già da tempo era chiaro agli osservatori internazionali una recrudescenza del conflitto, fin da quell’attacco alla fermata dei tram di Donetsk di alcune settimane fa che aveva provocato la morte di tredici civili. La conta delle vittime sta diventando infatti la più triste prova del complicarsi della situazione interna al Paese: solo nelle ultime 48 ore ci sarebbero stati almeno 30 morti tra civili e militari, mentre non si conosce ancora il numero delle ultime persone rimaste ferite negli scontri.
Di fronte al precipitare della situazione, il New York Times riporta le parole del generale Philip Breedlove, comandante delle forze Nato in Europa, secondo il quale gli Stati Uniti starebbero rivalutando l’idea di inviare armi in Ucraina in risposta all’escalation di violenza che sa registrando il Paese e ai nuovi trasferimenti di armi pesanti della Russia.
Secondo il quotidiano americano, avrebbero mostrato apertura in questo senso il segretario di Stato americano John Kerry, che domani sarà a Kiev, e la consigliera per la sicurezza nazionale Susan Rice. Insieme a loro anche il generale Martin Dempsey, a capo degli Stati maggiori riuniti.
Se gli Usa dovessero decidere di intervenire in questo senso, ai giubbotti antiproiettile, visori notturni e kit di pronto soccorso forniti fino ad ora potrebbero aggiungersi droni per la ricognizione, mezzi blindati, missili anti carro e radar. Il tutto per un valore di circa tre miliardi di dollari.