«La corruzione puzza», ha detto stamane papa Francesco a Napoli, nel Rione Scampia, simbolo del degrado e della camorra. E ha aggiunto: «E la società corrotta puzza».
Ogni riferimento al “Bel Paese” era più che esplicito, senza che venisse nominata la parola Italia.
Ma chi ha la responsabilità di governare questa nostra Repubblica (fondata sul lavoro, come recita il primo articolo della Costituzione) ha coscienza di questa realtà?
E per governo non intendiamo soltanto l’Esecutivo ma tutti coloro, uomini e donne, giovani e anziani, che nella piramide dello Stato occupando posti di responsabilità nei confronti dei cittadini, a partire dal Parlamento, sino, giù giù, al più piccolo Comune della nostra penisola.
Ogni giorno ci tocca assistere a scene penose che si svolgono nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama, caratterizzate da urla, insulti, dove la madrelingua per molti deputati e senatori è infarcita di volgarità e di turpiloquio.
Francesco non ha trascurato di ricordare che sono milioni le persone che non sono in grado di guadagnarsi il pane, perché senza lavoro. E a chi non si garantisce il diritto del lavoro «si ruba la dignità», ha detto il papa.
La dignità è quel rispetto che l’uomo conscio del proprio valore sul piano morale, deve sentire nei confronti di se stesso e tradurre in un comportamento e in un contesto adeguato.
Ma cosa c’entra la morale con la politica? Se lo domandano spesso, con toni da pensatori, personaggi che sono sempre in televisione come Matteo Salvini, la signora Daniela Santanché, e tutta quella schiera di orfani di Berlusconi che parlano di giustizialismo, di moralismo, di vecchiume.
Non passa giorno senza che ci giunga notizia di denunce, di arresti per reati di corruzione commessi da funzionari della pubblica amministrazione, da titolari di imprese private, da politici in servizio permanente effettivo.
Eppure la nuova legge per meglio colpire questa cancrena continua ad essere iscritta all’ordine del giorno dei lavori del Parlamento e non viene messa in discussione perché c’è chi la osteggia anche all’interno della singolare maggioranza che sostiene il governo.
“Dignità” vorrebbe che il giovane presidente del Consiglio, inventore del “moto perpetuo” in politica (senza uso di qualsivoglia energia) avvertisse che l’eloquio brillante ha fatto il suo tempo.
Anche in caso di ebbrezza provocata da una super dose di alcolici non si deve mai perdere la dignità, altrimenti la bevuta diventa molesta.
“Ciöch ma dignitus” (ubriachi, ma dignitosi)