Ci mancava il Coronavirus per dare la mazzata finale al settore dei taxi; un mondo da troppo tempo al centro di discordie e lotte intestine per ribadire la centralità di esercitare una professione con tanto di licenza. La categoria da molti anni lamenta un sostanziale abbandono dalle istituzioni sia locali che Nazionali, che ha portato a una difficoltà sempre maggiore nel fare la giusta mole di fatturato, mettendo quindi a rischio un settore centrale per la mobilità pubblica.
Si è passati dal tempo di Uber, con le lotte in piazza per ribadire che il taxi, non può essere un servizio dato a un qualsiasi privato senza licenza e senza regolamentazioni, al tempo dell’abusivismo selvaggio, in cui anche con l’aiuto di piattaforme digitali, il privato riesce a farsi le sue ”corsette in nero”; il fenomeno risulta dilagante all’uscita dalle discoteche o eventi come concerti e partite di calcio.
Un’altra mazzata al settore è stata data dal car sharing patrocinato sia dal comune che da privati. Vito, tassista da dodici anni con tanto di licenza già acquistata dichiara: ”utenti che noleggiano auto per pochi minuti, con la tariffa a tempo che mettono a repentaglio la vita degli altri in quanto meno tempo impieghi e meno paghi”.
A ciò si aggiunge il problema sicurezza a bordo, tanto promessa dalle varie forze politiche in campagna elettorale; continua Vito: “sia Fassino che Appendino hanno promesso interventi sulla sicurezza a bordo o con la divisione fra anteriore e posteriore oppure con l’installazione delle telecamere; queste promesse sono andate al vento” dice con forza il tassista.
E in tempo di Coronavirus? “niente mascherine, niente guanti, ci sentiamo completamente abbandonati, ma siamo costretti a lavorare. Il nostro è pur sempre un servizio pubblico, anche se il fatturato è diminuito del 70%”.
Insomma, come detto, in un settore già abbastanza maltrattato, ci mancava solo il covid 19 a metterlo in ginocchio. I tassisti ora chiedono solo maggior rispetto verso chi dopo aver acquistato una licenza, si trova sulla strada continui ostacoli di carattere tecnico, burocratico e concorrenza sleale.