di Moreno D’Angelo
«Ma tanto si è sempre fatto così, in fondo sono solo animali. Queste le frasi che più mi indignano», a parlare è Michele Suma, fondatore di Vivi gli animali Onlus. Un rifugio immerso nella campagna di Collegno (Torino) che ospita animali di specie diverse senza distinzioni, salvandoli, con la collaborazione di tenaci volontari, da maltrattamenti,dall’abbandono e talvolta dal macello. Ogni animale qui ha un nome e convive con gli altri. Ci accoglie un grande maiale nero che si chiama Pippo, ormai “l’ambasciatore” del rifugio. Abbiamo chiesto a Suma quale siano le linee guida del suo impegno che ora punta a creare una rete di rifugi su tutto il territorio.
Michele Suma è un animalista ambientalista “concreto” da sempre. Perché?
Anche oggi troppi maltrattamenti vengono dati per scontati. Come se fossero una cosa naturale, da accettare o subire senza reagire. Per questo ho pensato di avviare quello che definisco “un progetto di giustizia”. Sono vegetariano e, prima di questo rifugio, avevamo costituito un’altra associazione ed aperto un’altra struttura per accogliere in particolare cani e gatti. Ma già pensavo di non potermi fermare ed avvertivo fortemente il bisogno di andare oltre: un “altro modo” di vivere e condividere il rapporto con gli animali.
Cosa pensa di realizzare e di diffondere con questo nuovo modello?
Cerco di cambiare concretamente qualcosa in questo mondo in cui spesso gli animali non hanno dignità e, se ce la vogliamo dire tutta, far riflettere sul fatto che chi maltratta gli animali probabilmente non è poi neanche così buono con gli uomini e con se stesso.
Come si concretizza la sua attività/pensiero?
Come anni fa si trattava di cercare di recuperare, di dare una possibilità di una vita priva di sofferenze ad animali da affezione scartati e abbandonati, cani e gatti randagi, oggi mi impegno nei confronti di altri esseri salvati dal macello o sopravvissuti a vere e proprie barbarie legate all’ignoranza, all’incuria, alla cattiveria. Ad esempio, quella mucca sopravvissuta per miracolo a una strage di 60 bovini stremati, senza cibo e acqua, al buio e nello sporco in alcune grotte del cuneese. Non si reggevano nemmeno in piedi quando sono state fatte uscire. Ma di casi simili nelle “nobili” campagne piemontesi purtroppo se ne riscontrano tanti. E noi siamo tra i pochissimi in questa opera, non facendo distinzioni tra asinelli, pecore, maiali o altre specie. Per questo è nata l’associazione Vivi gli animali e dal 2012 è attivo questo rifugio.
Mantenere un numero di animali in costante aumento non è semplice ed è pure costoso. Come vi finanziate?
E’ verissimo, non è per niente semplice, ma andiamo avanti; facciamo molti sforzi e sacrifici economici per salvare tutto il salvabile. Non riceviamo contributi pubblici, abbiamo i nostri pochi mezzi ma anche grande cuore e volontà. Ci organizziamo e ci autofinanziamo. I volontari devono impegnarsi con serietà e continuità perché “il turno” nasce dall’amore per gli animali ma conta anche sulla puntualità, su compiti precisi e sulla responsabilità. Il benessere dei nostri amici dipende dalla qualità e quantità della nostra attività. Inoltre organizziamo delle merende, dei pic- nic e paninate benefit belle e semplici. A volte riceviamo la graditissima ed importante solidarietà di amici musicisti che offrono il loro aiuto per consentirci di ricavare fondi con la loro partecipazione ai nostri eventi di autofinanziamento.
Cosa si propone per sviluppare questa sua esperienza?
Per rendere più forte questa nostra azione vorrei che si rafforzasse al più presto una rete tra i rifugi che operano seguendo principi simili ai nostri. Sviluppare più relazioni e contatti tra i tanti soggetti e normali cittadini che vogliono davvero salvare gli animali e diffondere una cultura nuova di rispetto a tutti i livelli. Una rete potrebbe comportare una maggiore “generale pressione” per migliorare complessivamente l’azione e il rapporto nei confronti degli animali nel nostro paese.
C’è qualche salvataggio che l ha particolarmente toccata?
Sono allibito per quanti esseri siano tenuti privi del minimo rispetto della loro dignità. Abbiamo salvato animali che erano in condizioni inimmaginabili. Stavano morendo in delle stalle o in rifugi precari o sul punto di essere uccisi. Ricordo che il nostro maiale Pippo era un cucciolo miracolosamente sopravvissuto con i suoi fratellini grazie all’aver succhiato dalle mammelle della mamma le ultime gocce di latte dopo che lei era stata lasciata morire di fame e di sete. Mi chiedo come sia possibile arrivare a simili livelli di sadismo? Io non lo accetto e poco importa se si tratti di animali da affezione o “da reddito”, come amaramente vengono definiti gli altri. Sono animali che provano emozioni, sentimenti come la gioia e la paura; non sono macchine o blocchi di carne da far crescere in fretta».
E chi è quella bellissima cavalla bianca?
E’ Sissy l’ultima arrivata. Una bellissima cavalla dolce e dal fare armonioso. E’ anziana e dopo tanti anni di gare e di frustate sarebbe stata sicuramente soppressa o forse macellata clandestinamente, anche se si sa che i cavalli da agonismo non sono molto commestibili visti i farmaci ed i trattamenti che devono ricevere.
Ci sono tanti soggetti che si occupano a vario titolo di animali ma non pare sussistano grandi livelli di collaborazione. Intanto sul territorio se ne vedono di tutti i colori. A volte basta guardare certi cagnetti impazzire, bloccati su un balconcino per ore e ore al caldo. Cosa servirebbe in concreto? O dobbiamo aspettare che arrivi Striscia la Notizia?
Da una parte è più facile voltare lo sguardo, fingere di non vedere o sentire, non cercare rogne con il vicino. Dall’altra, se chiedi aiuto, troppo spesso è veramente raro ottenerlo: sembra che chi deve intervenire abbia troppo altro da fare. La verità, comunque, è che in questo come in altri campi, si deve decidere di essere protagonisti di un cambiamento. Non dobbiamo arrenderci ma cercare di cambiare la realtà, modificare la società, la sua cultura. Nei confronti degli animali, dobbiamo costruire un nuovo rapporto, basato sul rispetto, sulla conoscenza e sulla difesa delle loro caratteristiche etologiche, in una parola, della dignità. E se “Striscia la notizia” dovesse risultare utile, perché farne a meno?
Lei è vegetariano, ma cosa pensa degli allevamenti ed è possibile mangiare la carne senza dare origine a tutte queste sofferenze?
Sono vegetariano da 35 anni, e allora non avevo nessuno con cui confrontarmi, da cui ricevere consigli. Sono convito che non si dovrebbe mangiare carne; che non sia giusto e neanche naturale. Solo la disinformazione e gli enormi interessi economici consentono che questo rito senza senso si riproduca continuamente. E certamente non si mangerebbe carne se si sapesse veramente cosa c’è dietro: violenza, cinismo, dolore, privazione, grandissima ingiustizia. A noi spetta non smettere di parlare, informare, raccontare, squarciare il muro di ipocrisia. Il primo passo per cambiare può essere semplice e bellissimo, nello stesso tempo: guardare gli animali negli occhi.