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sabato, 27 Luglio 2024

Senzatetto e l’omicidio di Porta Palazzo. Tra rabbia e disperazione si può morire anche per una pentola

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Il mondo del volontariato, impegnato con le centinaia di senzatetto torinesi, è rimasto quanto mai scosso dall’omicidio di un clochard trentenne avvenuto dietro le Porte Palatine a fine luglio.

Il presunto omicida, Mohammed Kassimi, è un uomo di sessantuno anni che dimorava da tempo nel riparo dietro le Porte Palatine, alle ghiacciaie, in quegli antri diventati preziosi rifugi per chi non ha casa.  

Da voci e frammenti di ricordi dei volontari emerge come, tra tanti volti, questa persona apparisse alquanto ordinata, dal comportamento sempre gentile e decoroso, tanto da tenere un bidone giallo come “armadio” per i suoi indumenti.  L’uomo di origini marocchine pare avesse l’abitudine di esprimersi con qualche parola in spagnolo, infatti a volte rispondeva con un “gracias” ai volontari. 

Una persona che probabilmente per difendere il suo riparo, che considerava come una casa, è diventato il presunto omicida in un delitto orribile, a colpi di cacciavite, che ha tolto la vita a un povero senzatetto trentenne marocchino. I due pare si conoscessero e certo non andavano d’accordo.

Chi fa volontariato sa come non siano infrequenti i contrasti e gli scontri tra senzatetto per futili motivi. Senzatetto che spesso sono in coppia o in gruppi nei loro giacigli per difendersi da possibili furti o minacce. In questa realtà la difesa dello spazio di marciapiede scelto come giaciglio, o dei pochi oggetti di cui si dispone, può dare origine a risse e contrasti.  Intanto, oltre ad aumentare il numero dei senza fissa dimora, è anche in crescita quello degli sbandati irregolari che restano nella nostra città per pochi giorni o poche ore.     

Per i volontari l’aiuto non è solo portare cibo e vestiario ma anche un discorso di umanità, di trasmissione di valori di rispetto, dignità e ascolto verso quel mondo di persone che vive e dorme sulla strada.  

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