È ancora scontro tra Matteo Renzi e i sindacati. Al centro sempre il Jobs Act. La prima provocazione arriva dal presidente del Consiglio, che parlando alla platea di Copres, assemblea organizzata da Business Europe e Confindustria, afferma: «L’articolo 18 prima rappresentava un ostacolo, ora non lo è più. Si può tornare ad investire in Italia».
Parole che sembrano voler gettare benzina sul fuoco, nel giorno in cui a Napoli è in corso lo sciopero dei metalmeccanici guidato da Marizio Landini. E infatti la replica del leader Fiom non tarda ad arrivare. «Renzi non decida lui dalla sera alla mattina: da solo non cambia il Paese. Da solo risponde solo ai poteri forti».
Landini invita dunque il premier a riaprire un tavolo di trattativa con i sindacati, chiedendogli di aver l’umiltà di riconoscere la sua scarsa popolarità tra giovani e disoccupati. Insomma tra le «persone oneste», afferma il leader Fiom.
Segue l’alzata di scudi da parte renziana, con Matteo Orfini che su Twitter scrive: «Dire che governo non ha il consenso delle persone oneste offende milioni di lavoratori che nel Pd credono. Spiace che a farlo sia un sindacalista».
Ad ogni modo, Matteo Renzi sembra deciso a non tornare sui suoi passi. E rivolgendosi agli industriali europei spiega: «L’idea è quella di provocarvi: liberiamo il sistema tradizionale italiano dall’articolo 18, simbolo di una tradizione che ora non è più un ostacolo, e riduciamo le imposte». La conseguenza, nelle intenzioni dichiarate dal presidente del Consiglio, è quello di ottenere una ricaduta positiva nel mercato occupazionale.
La rottura definitiva con Cgil e Uil si era consumata nei giorni scorsi, quando le due sigle sindacali avevano annunciato la proclamazione di uno sciopero generale per il 12 dicembre. «Io cerco di creare lavoro, loro pensano solo agli scioperi», era stata la replica del presidente del Consiglio la cui linea è stata chiarita in seguito dalla decisione del ministro del lavoro, Giuliano Poletti, di annullare all’ultimo momento il suo intervento al congresso Uil.
«Le condizioni sono cambiate», aveva spiegato il ministro tentando di motivare la sua decisione. «Forse non aveva il permesso di parlare – commenta caustico il nuovo presidente Uil, Carmelo Barbagallo, che prosegue – Ho l’impressione che Renzi sia un premier molto invadente, perché mi è già successo che i ministri non avessero la possibilità di spiegarci se ci saremmo potuti incontrare di nuovo». Gli fa eco il segretario Cisl Susanna Camusso che, dopo la rottura definitiva, ha accusato Matteo Renzi di essere disposto a trattare «solo con le persone che gli danno ragione».