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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Schiavi, schiavisti e complici

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Sono morti in sedici in pochi giorni. Tornavano nelle loro baracche dopo essersi spezzati la schiena nei campi per raccogliere i nostri pomodori. Quelli con cui faremo la pizza, la pasta, le bruschette questa estate. Erano tutti immigrati africani.
Un po’ come capitava nelle piantagioni di cotone degli Stati Uniti. Lì gli africani ce li portavano, qui anche. Anche lì arrivavano via mare, su barconi in condizioni disumane. Proprio come adesso.
Venivano comprati e venduti, un po’ come capita oggi. Lì lavoravano per il cibo non per diventare ricchi. Qui pure.
Nella ricca e progressista società dell’East Coast, New York, Boston le notizie degli incidenti e delle morti dagli stati del Sud all’epoca forse non arrivavano neppure. Non c’era Internet. Ma arrivava il cotone e i soldi generati dal cotone. C’era un sacco di gente, bianca, che viveva bene.
Eppure ad un certo momento la schiavitù diventa illegale. Ci sono andati decenni ma è accaduto.
Il progresso, la cultura, la capacità di capire che solo una piena integrazione della comunità afro-americana avrebbe reso nel medio-lungo termine l’America “Great”, grande. Proprio l’America di cui si vanta Trump adesso.
Lungimiranza delle classi dirigenti. Ma anche la loro capacità di costruire nella società bianca dell’epoca un progetto non solo forte, ma per cui valeva addirittura la pena morire. Ci hanno combattuto una delle più sanguinose guerre civili per quel disegno culturale. Ci sono morti in tanti, i bianchi. Anche per quel disegno culturale.
Qui nelle nostre Milano, Torino, Verona le notizie degli incidenti invece arrivano. Subito e ricche di dettagli. C’è Internet e la TV. Come arrivano belli freschi i pomodori raccolti dagli africani neri. Ci sono le autostrade.
Qui da noi ci sono leggi, regolamenti, statuti dei lavoratori, ispettorati del lavoro. Abbiamo già tutto. Teoricamente.
Eppure.
Eppure succede che a nessuno pare fregare granché. A parlarne si disturba. La quiete estiva delle nostre vite. È terribile quanto accaduto ma è altrettanto terribile che purtroppo queste cose non ci indignano neanche più. Passano sopra e attorno. Ma non entrano. Non si fermano e non ci fermano a riflettere e ad agire.
Questo “Prima gli Italiani” di Lega e M5S giorno dopo giorno sta scavando un solco profondo nella nostra società. Sta lavorando come un virus inoculato nella pancia. Scava, distrugge.
Un virus sottile e fetente che non aggredisce solo le persone più esposte, quelle meno attrezzate, quelle più vulnerabili. Quelle che davvero pensano che la realtà è come gli appare e come gli viene narrata e non si pongono il problema di verificarla. Non ne sono capaci o banalmente non ne hanno voglia.
È un virus che sta cominciando a contagiare in modo pervasivo e veloce anche quelli che erano apparentemente al sicuro. Quelli che, dotati di mezzi intellettuali e di un lavoro, erano meno esposti.
Quelli che anche da “sinistra” e anche in buona fede hanno dato loro fiducia, credendo in un cambiamento positivo della società italiana.
Si potrebbe obiettare che il caporalato esiste da secoli e non da pochi mesi. Vero, condivido. Ma il fatto nuovo, l’inedito assoluto è che da pochi mesi il ministro più importante e più potente definisce “pacchia” la situazione degli immigrati in Italia. Prima almeno c’era pudore di fronte a questi episodi, adesso si è spudorati. E questa è una bella differenza.
Sono abili con le parole oltre che con i social. Hanno reso “populista” una parola quasi simpatica giocando sulla terminologia. La Lega tira, il M5S complice regge il sacco. Due facce della stessa medaglia. Speculari, simbiotiche e sinergiche.
Mi fa arrabbiare questa situazione. Mi fanno arrabbiare i leghisti razzisti dichiarati e i mediocri esponenti grillini. Meglio attaccare gli schiavi che toccare gli interessi degli schiavisti. Più facile, meno costoso politicamente.
Ma mi fanno ancora più arrabbiare tutti quelli che potrebbero e fanno finta di niente o, peggio, per opportunismo cavalcano la situazione. Giornalisti, colleghi professori universitari, magistrati, dirigenti pubblici, imprenditori e professionisti.
Molti, troppi, a cercare il loro pezzo di guadagno personale. “È vero, sono degli stronzi razzisti, sono dei mediocri senza arte né parte, ma tanto adesso governano loro e se non lo faccio io lo farà qualcun altro” dicono autoconvincendosi di essere dalla parte del giusto quando sostengono e aiutano Lega e M5S. E si prendono la loro parte di bottino.
Ecco, ci sono gli schiavi. Ma dietro uno schiavo c’è uno schiavista. Che se vive e prospera è perché ha dei complici.
E stare zitti significa esserlo.
Scritto da Stefano Lo Russo, capogruppo Pd in consiglio comunale a Torino

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