Non era in aula Matteo Renzi quando è stato dato l’annuncio dell’incassata fiducia anche alla Camera.
378 sì, 220 no e un astenuto. Un voto a favore in meno rispetto all’esecutivo targato Letta che ne aveva registrati 379.
Un discorso quello di Renzi, nuovamente accusato di “poco praticità”, in cui non si spiega bene come far risollevare le sorti della carretta Italia.
Il giovane fiorentino ha citato Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Oscar Luigi Scalfaro. Poi si è concentrato sulle emergenze che affliggono l’Italia come scuola, imprese, legge elettorale, lotta alla mafia. Ma soprattutto il grave dramma occupazionale.
«Non bastano le riforme costituzionali o elettorali – ha detto Il Magnifico – esiste un’esigenza drammatica, che è quella occupazionale». «Fuori da qui – ha concluso – la gente si aspetta che la politica sia un fiume di parole vuoto».
Poi le solite twittate in cui sintetizza il «contesto politico in cui ci ritroviamo». Il primo, riguarda la situazione attuale che vede «il mondo che corre il doppio rispetto all’Europa» e un’Italia che, all’interno dell’Ue paga «un grado di difficoltà maggiore rispetto agli altri paesi». Questo panorama «non nasce negli ultimi 3 anni, che non è colpa degli ultimi 2 governi. Ma viene dalle difficoltà degli ultimi 15 anni».
E dunque la necessità di una svolta: «Cambiare la P.A., il sistema della giustizia, il fisco, la vita dei lavoratori e degli imprenditori».
Che le danze abbiano inizio, ora il signorino ha tutte le carte in regola per far partire la sua rottamazione. Per ricostruire, pare.
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