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sabato, 27 Luglio 2024

Renzi al Lingotto, l’appello dei big del Pd: “Uniti per il bene dell’Italia”

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

di Bernardo Basilici Menini e Giulia Zanotti

Erano in prima fila i big della politica torinese e non al Lingotto, dove Matteo Renzi ha tenuto il discorso inaugurale della tre giorni che dà il via alla sua corsa per la segreteria del Partito Democratico. Tutti con gli occhi puntati su quello che appare un nuovo inizio dell’ex Premier che vuole dimostrare di non aver perso una battaglia, con la sconfitta la referendum Costituzionale lo scorso dicembre, ma non la guerra.
Lo sa bene Davide Gariglio, segretario regionale del Pd, che sottolinea come la tre giorni del Lingotto è «un momento cruciale. Ripartiamo dopo un referendum andato male e lo facciamo per costruire un partito che si a vocazione maggioritaria, in grado di cambiare l’Italia. A livello locale e regionale i problemi del Pd sono molti di meno: tutti e ventisei i nostri consiglieri regionali siano rimasti nel Pd, siamo un partito dove si discute e a volte si litiga, ma poi si lavora insieme».
Rilancio è invece la parola d’ordine per l’ex sindaco di Torino Piero Fassino: «Ci lasciamo alle spalle tre mesi difficili, segnati da insuccesso di referendum e da scissione, ma adesso si riparte rimettendo al centro della nostra azione l’Italia, per rilanciare con forza una fase di crescita, sviluppo e lavoro».
Insomma, un partito che sa guardare ai bisogni del Paese e ascoltare le richieste dei cittadini, come lo immagina anche il presidente del Consiglio Regionale Mauro Laus: «Mi aspetto un Renzi più inclusivo, non come cambiamento di rotta, ma cambiamento di modalità comportamentali per essere più in sintonia con chi è veramente in difficoltà. Per farlo però non bastano parole e i buoni propositi, ma bisogna tradurre tutto in azione. Bisogna mandare messaggi per far capire che le cose possono cambiare».
Presente al Lingotto anche il senatore Mauro Maria Marino ha parlato di un «partito pensante, sintesi tra partito pedante e partito leggero. Anche la formula è ottima: il fatto che ci siano momenti condivisi e seminari sarà il modo giusto per sentirsi squadra. È la via per costruire un nuovo percorso sia per il partito, sia per il Paese. Non dobbiamo aumentare le spaccature: ora è il momenti del confronto, poi ci sarà quello del dialogo. Il punto non sono i personalismi, ma il Paese e per quello dovremmo marciare uniti».
Della stessa opinione anche Matteo Orfini, che vede nel Pd un partito che « deve ambire a rappresentare la maggioranza degli italiani. Quindi, bisogna essere inclusivi, ma su una linea chiara. Non possiamo vivere in un congresso permanente. Ora abbiamo tre ottimi candidati che si devono confrontare sul merito dei problemi, uno di loro vincerà e dovrà essere sostenuto da tutto il partito e non vivere nella situazione che abbiamo visto negli ultimi anni. Sono ottimista sul Pd, che resta la più grande forza della sinistra europea e questa è una grande responsabilità che dobbiamo saper interpretare al meglio».
Dunque, un Pd che guarda al Paese reale, come sostiene anche Dario Nardella, sindaco di Firenze: «Penso che sarà una bella sfida e non vedo l’ora che si parli di cose concrete, di contenuti, di valori ma anche di politiche e di proposte. C’è bisogno di ascoltare e di parlare al Paese reale».

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