20.4 C
Torino
sabato, 27 Luglio 2024

Putin gela l’Europa: «South Stream non si farà, non avrete il nostro gas»

Più letti

Nuova Società - sponsor
Redazione
Redazione
Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

South Stream non si farà. Almeno per ora. Ad annunciarlo è il presidente russo Vladimir Putin nel corso di una conferenza stampa congiunta con il premier turco Tayyip Erdogan. Il progetto scricchiolava da tempo, e la tensione nei rapporti tra Russia e Unione Europea, a seguito della crisi ucraina, ha evidentemente contribuito a farlo saltare definitivamente.
«Se l’Europa non vuole realizzarlo, non verrà realizzato», ha esordito Putin nel corso del suo intervento, seguito dalle affermazioni di Alexej Miller, ceo di Gazprom: «Il progetto è finito». Almeno per quanto riguarda l’Europa. Il premier russo ha infatti approfittato dell’occasione per lanciare la sua provocazione all’Ue: se questa, come sostiene Putin, non ha voluto impegnarsi nella realizzazione del gasdotto, allora il gas russo «sarà riorientato verso altre regioni del mondo».
Il riferimento è alla Cina e alla Turchia. Con la prima, Mosca ha da poco stipulato precisi accordi per la fornitura di gas; mentre in collaborazione con la turca Botas, Gazprom punta ora a costruire un altro gasdotto della stessa portata di South Stream – 63 miliardi di metri cubi all’anno – che potrebbe riconnettersi con l’Europa balcanica attraverso la Grecia.
Dopotutto, il Cremlino era sempre più in difficoltà nel trovare finanziamenti per il costosissimo progetto (circa 50 miliardi di dollari) e le severe sanzioni cui l’Ue l’aveva condannato, unite al crollo del prezzo del greggio, rappresentavano un ostacolo sempre più insormontabile dato che i partner stranieri (tra cui anche l’italiana Eni) non sembravano disposti ad andare in soccorso di Gazprom.
Putin rimprovera poi all’Europa di aver fatto pressioni sulla Bulgaria (punto di snodo del tracciato del gasdotto) affinché temporeggiasse nel rilasciare i permessi per il passaggio sul suo territorio: «I bulgari dovrebbero chiedere i danni all’Ue per i mancati guadagni che avrebbero con South Stream, 400 milioni di euro all’anno per il transito del gas», ha sbottato il leader del Cremlino.
La decisione di Mosca, ad ogni modo, ha delle ripercussioni anche per l’Italia. Il nostro Paese, infatti, era già stato cancellato a maggio scorso dalla pipeline che dalla Bulgaria doveva giungere al largo delle coste pugliesi. Eni, tuttavia, è ad oggi socia al 20% di South Stream Transport Bv, una joint venture incaricata di costruire e gestire la tratta che doveva essere realizzata nelle acque del Mar Nero. Ma il destino della società, di cui fanno parte anche Gazprom al 50%, la francese Edf e la tedesca Wintershall, entrambe al 15%, è oggi in dubbio.
Senza contare poi la beffa dei tubi realizzati per contenere il gas di South Stream dall’italiana Saipem, salpati proprio ieri dalla Bulgaria alla volta della Russia pronti per essere assemblati. Mosca fino ad ora si è mostrata puntuale nei pagamenti: l’azienda ha incassato ben tre contratti d’appalto, l’ultimo dei quali chiuso a marzo e del valore di due miliardi di dollari. Ma certo quella di oggi rappresenta una bella batosta per la società italiana.

- Advertisement -Nuova Società - sponsor

Articoli correlati

Nuova Società - sponsor

Primo Piano