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sabato, 27 Luglio 2024

Prudenza paura o caparbietà?

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

La chiesa è in pieno fermento. Papa Francesco la sta incalzando ad uscire dal letargo del suo autocompiacimento e a prendere coscienza che sta per scadere il tempo utile per colmare il vuoto che la separa dall’uomo in carne ed ossa. Due realtà estranee l’una all’altra, due cammini sempre più divergenti.
Con Francesco finalmente qualcosa si sta muovendo. Qualche cantiere è stato aperto, tra mugugni di una parte e sollievo dell’altra. Uno e di somma importanza è la preparazione del Sinodo previsto per il prossimo autunno. Tema la famiglia, asse portante non solo della società civile, ma anche della comunità ecclesiale. Fin dall’abbrivio si coglie la pennellata novatrice d’un papa che non solo viene dalla fine del mondo, ma da un mondo altro da quello vaticano. Il Sinodo sarà la prima esperienza non solo di una collegialità episcopale vera, ma avrà indizi di una collegialità globale, dell’intero popolo di Dio coinvolto anche nella sua parte laica in una consultazione preliminare ai lavori sinodali a cui presenzierà con una sua rappresentanza.
La scelta del tema è più che motivata. Si tratta di una realtà in crisi, sempre meno resistente alla lunga durata e sempre più luogo di sopraffazione e di violenza, e in piena trasformazione per le nuove forme di famiglia che si vanno imponendo. A ben vedere in crisi non è il bisogno d’un saldo spazio di amore e di sicurezza, ma la forma tradizionale in cui si concretizza, sentita come cappio soffocante il bisogno di libertà e di personale responsabilità crescente in una società dalle multiformi oppressioni.
Cambiamenti che aggiungono nuovi problemi a quelli vecchi che la chiesa da lungo tempo soffre per quanto riguarda la famiglia, dovuti alla staticità della visione che di essa continua a proporre e imporre. Problemi mai seriamente affrontati che oggi hanno spinto un papa, più prossimo alla vita di cui la famiglia è il cuore che ai dogmatismi, ad indire un Sinodo. Attenzione alla vita che, però, non sottrae Francesco, come lui stesso ha affermato, alla fedeltà ai principi. Così il Sinodo affronterà il tema solo dal punto di vista pastorale senza implicare la dottrina, con somma delusione di quanti, considerandola all’origine di tante sofferenze, pensavano che Francesco, ad esse così sensibile, l’avrebbe coinvolta nel dibattito sinodale. Padre Lombardi, portavoce vaticano, l’ha detto senza ambage: le questioni «non riguardano la posizione dottrinale della chiesa». Posizione confermata dal cardinale di Budapest Peter Erdo relatore al Sinodo: «Non abbiamo voglia di riaprire tutto il discorso sulla dottrina cattolica». C’è da sperare che non si tratti di “voglia”. Sarebbe un brutto segno per la chiesa di Francesco. Piuttosto paura di creare fratture nell’episcopato, una cui forte frazione è caparbia nel resistere a ripensamenti dottrinali. Questa la ragione di quella prudenziale esclusione? La si superi quanto prima!
Infatti, senza una rivisitazione sostanziale dei bagaglio dogmatico, non basterà un aggiornamento pastorale a risolvere problemi, alleviare sofferenze, limitare diaspore là radicate. Come può l’uomo contemporaneo assoggettarsi all’insegnamento ecclesiastico sulla famiglia! Certo essa è il luogo della procreazione, dell’educazione, della trasmissione della fede. Ma è anche il luogo della sessualità. Per la chiesa solo lì lecita e solo se aperta alla generazione. Al di fuori non trova spazio. L’amore è da poco e a mala pena entrato nella visione coniugale della chiesa, purché ogni sua espressione sessuale non precluda il concepimento. L’amore in sé non basta a giustificare nessuna forma di contraccezione. Deve attendere il ritmo mensile dell’infecondità “naturale” femminile. Così ha definitivamente sentenziato l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI, di cui ricorre il 45° anniversario. Inoltre, la chiesa non riconoscere possibilità d’errore nella scelta matrimoniale. I divorziati risposati sono esclusi dalla comunità ecclesiale. La libertà di coscienza non ha spazio né la misericordia può cassare la norma. Così il Sinodo parte azzoppato, prigioniero di idee che collidono non solo con la ricerca sessuologica contemporanea, ma col semplice buon senso. La famiglia di Nazareth o il coniugio tra Cristo e chiesa sono fuorvianti se usati per modellare il coniugio terreno.

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