È la prima volta che accade nella storia della magistratura. Il giudice Enrico Tranfa, colui che verrà ricordato per la lettura della sentenza di assoluzione di Silvio Berlusconi per il “caso Ruby”, si è dimesso dopo il deposito delle motivazioni del verdetto della Corte d’Appello. Il magistrato ha deciso di andare in pensione, con quindici mesi di anticipo.
L’addio è clamoroso perché avviene immediatamente dopo il deposito delle motivazioni, redatte dal giudice Lo Curto, le quali hanno descritto un abuso di potere che però, di fatto, secondo l’interpretazione del procedimento a carico dell’ex premier, non costituisce reato. Il presidente Tranfa non ha probabilmente condiviso la decisione di assoluzione dei giudici Concetta Lo Curto e Alberto Puccinelli, è andato in minoranza nel collegio (composto da due giudici e, appunto, dal presidente) e dopo novanta giorni non potendo sottrarsi, per legge, ha firmato il verdetto. Oggi ha salutato tutti, anticipando i tempi della sua pensione. Tranfa, da presidente della II Corte d’Appello di Milano dal 2012, avrebbe potuto chiedere di essere trasferito altrove o di cambiare Corte, ma ha deciso diversamente, optando per una scelta più netta, lasciando senza presidente la Corte, visto che solamente poco tempo fa un altro magistrato con funzioni da presidente è andato in pensione.
La procura generale di Milano, che aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado (i giudici avevano condannato Berlusconi a sette anni per concussione, costrizione e prostituzione minorile), potrà, ora che le motivazioni sono state depositate, se riterrà, presentare ricorso in Cassazione, per chiedere di confermare la decisione o annullarla, chiedendo quindi un nuovo rinvio ad un’altra Corte d’Appello.