Va avanti il processo sull’omicidio di Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino a cui spararono sotto casa il 21 marzo 2012 e morto dopo 19 mesi di coma, per cui è imputato Francesco Furchì.
Oggi, l’accusa ha avanzato l’ipotesi dell’omicidio su commissione. Un pista nata dall’intercettazione telefonica tra Felice Filippis, amico dell’imputato e la moglie Caterina Furchì, sorella di Francesco, risalente allo scorso ottobre.
Nella discussione tra i due si parla di una pistola «riportata in Calabria», di cui «l’assassino si sarebbe liberato subito» e una somma di 30mila euro che sarebbe stata versata sul conto della donna e su cui la Corte d’Assise ha disposto accertamenti.
«Sono disgustata – ha dichiarato ai giornalisti Caterina Furchì, presente tra il pubblico nel processo – Ora si inventano anche questo perché non hanno neanche una prova. I 30mila euro sul mio conto ci sono ma non riguardano certamente questa vicenda. Non ho nulla da nascondere».
Protestato gli avvocati di Francesco Furchì Maria Battaglini e Mariarosaria Ferrara davanti alla Corte d’Assise, per quella che ritengono «una violazione inammissibile del diritto di difesa».
«È chiaro – hanno detto le due legali – che si sta cercando di rafforzare l’ipotesi accusatoria e che, anziché su altre persone, si indaga su Furchì. Ci sono atti e attività di cui veniamo solo parzialmente a conoscenza. E questa è una violazione al diritto di difesa».
In altre parole, secondo gli avvocati, il fascicolo aperto dalla Procura contro ignoti su un eventuale complice di Furchì nell’attentato a Musy, starebbe consentendo all’accusa di indagare sul loro cliente a processo aperto.