di Moreno D’Angelo
La riorganizzazione delle Poste italiane voluta dall’amministratore delegato Francesco Caio e dal suo ambizioso piano industriale, avrà pesanti ricadute sul Piemonte: è in programma la chiusura di 40 di uffici mentre 130 piccoli sportelli, presenti in tanti piccoli comuni, saranno operativi solo per due o tre giorni alla settimana. La sorpresa è che questa volta i tagli toccheranno anche la città di Torino, con prevedibili conseguenze anche sul fronte occupazionale.
Una manovra che è un’anticipazione di quelle che dovrebbero essere la linee guida e l’impostazione del nuovo “Piano di sviluppo”. Tagli certamente poco comodi per gli utenti. In questi anni la qualità del servizio Poste Italiana nella sua miriade di sportelli (1400 in Piemonte) è notevolmente cresciuta ma è evidente il disagio per quella tipologia di clientela, poco avvezza alle nuove tecnologie, che ha trovato nell’ufficio postale sotto casa, anche in comuni piccoli comuni e borghi sperduti, un costante punto di riferimento per le ordinarie operazioni. Si pensi ai tanti anziani alle prese con il ritiro della pensione, al pagamento delle bollette , al ritiro pacchi, ai bonifici, cui si aggiunge la gestione dei conti postali e dei suoi servizi che hanno avuto ottimi riscontri.
Oggi molti vedono in questi drastici tagli, voluti dai nuovo vertice aziendale, un modo per rendere la rete più appetibile in vista dell’avvio di un processo di privatizzazione. Un modo per rendere la rete più agile e interessante per gli investitori privati che, in questo caso, non dovrebbero mancare.
A Torino e nella sua cintura sono previste le chiusure degli sportelli di via Maria Vittoria 24, corso Gabetti 3, via San Francesco da Paola 40, piazza Gran Madre 4/a, via Ascoli 25 e corso Tazzoli. Le Poste elimineranno sportelli anche in cintura e nel resto della provincia: sede “Moncalieri 2” (in via Tenivelli 26), alla “Pianezza 1” (in piazza San Pancrazio) e sportelli di Baio Dora, Villate, Muriaglio e Pessione.
Inoltre dovrebbero sparire dieci sportelli nel cuneese: Cuneese (Magliano Alfieri, Neive, Rivalta, San Rocco Montà, Santa Vittoria d’Alba, Santuario Tinella, Govone, Guarene, Levaldigi e San Pietro del Gallo).
In provincia di Alessandrino: Villaggio di Vigliano Biellese, Croce Mosso, Favaro, Oropa, Ponge Guelpa di Cossato Prativero e Biella 2.
Nel Novarese: Pella, Carciano e due nel Vercellese (Isolella e Sant’Antonino di Saluggia).
In Piemonte alcuni dei nuovi sportelli che opereranno a singhiozzo, superando così quota 500: 14 nel canavese (Bairo, Scarmagno e Tavagnasco), 20 del Pinerolese (Pragelato, Sauze d’Oulx, Sestriere, 8 nel Cuneese, 24 nell’Alessandrino, 29 nell’Astigiano, 16 nel Biellese, uno nel Novarese, 6 nel Verbano e 10 nel Vercellese.
L’ambizioso piano industriale e strategico, che sarà quinquennale (1015-2020), punta a 3 miliardi di investimenti ed ha come obiettivo un fatturato di 30 miliardi di euro. Privilegiato il discorso su risparmio e assicurazioni, oltre a quello delle transazioni e della logistica e ovviamente a quello dei servizi postali più tradizionali. Come al solito non sono previsti licenziamenti ma “ricollocazioni”, non sempre così agevoli per chi le subisce (personale anziano), specie quando è prevista la chiusura di tanti sportelli.
Ai propositi verso i bisogni della moderna clientela fanno da contraltare le esigenze dei nuovi investitori, visto che il processo di privatizzazione sembra ineluttabile e non pare che a livello politico vi siano grandi opposizioni pronte a stracciarsi le vesti per questa azienda di primissimo piano controllata dallo Stato. Fino ad ora. Intanto c è chi ha parlato di aumento dei costi dei servizi per la clientela a seguito delle privatizzazioni e delle nuove linee guida sempre più tecnologiche. Potrebbero esserci novità anche per la consegna della posta, gestita in modo più risparmioso. Il sindacato ha già cominciato a sollevare le prime proteste.