di Moreno D’Angelo
Non accenna a scendere la tensione su quella che è ormai nota come “guerra del panino”. Una guerra che nelle scuole dell’obbligo con il tempo pieno vede scontrarsi genitori presidi istituzioni sul tema del “panino libero a scuola”. E la questione continua ad allargarsi.
Ma vediamo i fatti.
Forti della sentenza della Corte d’Appello di Torino, che ha riconosciuto il diritto di poter consumare il pasto portato da casa anche nelle scuole con il servizio mensa (nel quadro italiano quanto mai variegato) alcuni genitori si sono rivolti ai carabinieri per denunciare il dirigente scolastico. Insieme al caso registrato a Nervi nel Levante genovese dove, secondo quanto riferito dai genitori, il loro figlio è costretto a mangiare da solo in classe sotto gli occhi di una bidella. I genitori fanno presente ulteriori elementi discriminatori dopo aver disiscritto. Il loro figliolo. Il bambino non solo è stato isolato dai compagni per il pasto casalingo ma si sarebbero anche registrate delle minacce di ricorso al Tribunale dei Minori nel caso si fosse perseverato in questa scelta. Di fronte a questo i genitori si sono rivolti ai carabinieri per presentare formale denuncia contro il preside dell’Istituto.
Sul tema molto tesa è la questione a Torino dove potrebbero registrarsi ulteriori sviluppi.
Qui è finita sotto accusa la preside della scuola elementare Santorre di Santarosa che è stata denunciata da una mamma perché alla figlia è stato vietato l’accesso ai locali della mensa. Anche in questo caso una bambina che si portava il cibo da casa era costretta a mangiare in un altra aula con altri due compagni che si portavano il cibo da casa separata dalla classe.
La denuncia della mamma ai carabinieri, ora trasmessa in Procura, comprende anche un voluminoso dossier in cui la donna ha anche allegato una serie di ordinanze. Per la mamma si tratta di una battaglia per il diritto al pasto da casa, mangiando con tutti gli altri senza discriminazioni e annuncia che vi saranno ulteriori denunce di altri genitori: «Fino al giorno prima mangiava nel refettorio con gli altri, ma dopo la circolare del Comune (in cui si impone uno stop al pranzo ‘tutti insieme’ in nome di norme igienico-sanitarie) la preside si è tirata indietro e li ha spostati in una stanza che, dicono, era stata igienizzata, e dove hanno creato dei tavoli coi banchi».
La madre, che è una delle 58 ricorrenti che ha vinto la causa in Corte d’Appello, ha precisato: «Io ho altri figli e, anche se la mensa è cara, ho sempre pagato di buon grado. Ma quando ho iniziato a buttare i soldi perché la bambina tornava digiuna, ho detto basta». Sulla questione è intervenuto Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi con una sua proposta: «Una soluzione di buon senso potrebbe essere predisporre in un unico ambiente degli spazi dedicati a chi mangia a mensa e a chi si porta il panino da casa. In questo modo – prosegue Rembado- si garantirebbe il principio di eguaglianza, scongiurando il pericolo di contaminazione dei cibi. Ovviamente per fa si che la cosa funzioni, e’ necessario che il personale docenti vigili attentamente sugli alunni». L’avvocato Giorgio Vecchione, uno dei legali che ha sostenuto i ricorsi dei bimbi a scuola con il pasto preparato da casa, ha lanciato via facebook il suo consiglio: «se vi fidate al momento astenetevi dal fare altre denunce singole. Raccogliete in un fascicoletto cartaceo o telematico tutto il materiale su ciò che accade nei prossimi giorni, nel trattamento riservato ai vostri figli. Dove hanno mangiato, con chi, sorvegliati da chi e le reazioni dei bambini. Fate così fino alla fine di questa settimana, poi, venerdì pomeriggio mandateci tutto via mail. Riceverete la risposta individuale nella quale vi sarà spiegato tutto».