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sabato, 27 Luglio 2024

Ora basta guardare ai 4 anni di Appendino: rimboccatevi le maniche e mettetevi a lavorare per Torino e per tutti i Torinesi

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Quattro anni fa Chiara Appendino diventava sindaca di Torino, con i voti, oltre che del suo Movimento Cinque Stelle, con quelli, al ballottaggio contro Piero Fassino, del centrodestra, della destra e dell’estrema destra. Quattro anni fa Appendino marciava verso Palazzo Civico, dove la notte prima, a favore delle telecamere, i grillini avevano dato l’assalto al Municipio all’urlo “Onestà” “Onestà”.

Dopo quattro anni Torino non ha voltato pagina come sperava chi ha votato Appendino, non solo al ballottaggio, visto che lì si sono riversati, come detto, i voti di ben altre sponde. Anzi, è rimasta ferma. E il tanto famigerato Sistema Torino non è stato cancellato, ma addirittura è diventato il migliore alleato della prima cittadina.

Sull’”Onestà, onestà” ad oggi non possiamo dire che c’è stata disonestà da parte dell’amministrazione Appendino, ma registrare il fatto che c’è stata una pioggia di avvisi di garanzia, perquisizioni, processi in corso, che l’hanno colpita. Al contrario il famoso palazzo di vetro che doveva diventare Palazzo Civico, come promesso dai grillini, non è stato così trasparente. 

I delusi non sono solo i torinesi, ma i pentastellati doc che sostenevano che a Fassino e compagni interessava solo cementificare, svendere ai privati e trasformare Torino in un mega centro commerciale. Quelli semmai hanno avuto la benedizione proprio della giunta Appendino. Troppo tempo è stato perso a narrare ai torinesi che la città ereditata dalla vittoria era una malata cronica, che aveva bisogno di tempo per le cure. Che non c’era la bacchetta magica.

Di tempo ne è passato e le uniche cure viste sono biciclette e monopattini, mentre le periferie, altro cavallo di battaglia di Appendino hanno gli stessi problemi di allora, moltiplicati per altri quattro anni in attesa di soluzione. Una vera e propria Santa Barbara dalla miccia corta, esplosa già varie volte ad esempio a Barriera di Milano. Una rabbia sociale che non può essere etichettata semplicemente come delinquenza e teppismo, la cui cura, che brutto termine in questo caso, non può essere solo la repressione. 

Appendino tra alcuni mesi non sarà più la sindaca di Torino. Appendino non si ricandiderà. Lo sa benissimo la prima cittadina che rimanda al dopo l’estate una decisione che è stata già presa. Probabilmente avrà qualche ruolo, insieme all’assessore Sacco, negli Atp Finals di Tennis, la cui assegnazione è una delle vittorie della sua giunta. O finirà in qualche fondazione amica, se non ai vertici del Movimento Cinque Stelle o dentro qualche partito di Conte. Insomma, poco ma sicuro, non sarà più sindaca e non perché i miracoli avvengono una volta sola, ma perché realmente i torinesi non sono soddisfatti del lavoro fatto.

Il Partito Democratico chissà se ha imparato la lezione dopo la batosta di Fassino e Chiamparino. Due sconfitte che bruciano, ma allo stesso modo fanno bene.

Però attenzione: il Pd e la coalizione di centrosinistra hanno una grossa responsabilità. In primo luogo dimostrare ai loro compagni di Roma, che con gli Appendino governano (male) un Paese di aver ragione: con i Cinque Stelle non può esserci alleanza, come si è visto in Sala Rossa. Sono antitesi. Se questa alleanza, che ormai certamente non ci sarà più, si fosse riproposta sotto la Mole, avrebbero perso i voti il Pd da una parte e i Cinque Stelle dall’altra, spianando la vittoria a Lega e centrodestra. Già, quella Lega e quel centrodestra che rischiano veramente di vincere per Torino 2021. 

Le macerie sono tante e ricostruire sopra non sarà semplice. Per il momento parrebbe che il Pd e il centrosinistra abbiano frenato (e non è stato semplice) gli individualismi che tanto male hanno fatto fino ad oggi non solo al partito. Si parte uniti, con tutte le diversità e le componenti che conosciamo, ma uniti.

Perché la ricetta è proprio quella se si vuole arrivare a novembre con dei candidati forti e credibili, ma soprattutto con una coalizione che riparta dagli errori di quattro anni fa, senza spirito di rivalsa, ma con quello di salvare (sì, proprio così salvare) la nostra città da questo immobilismo, dalla “fuffa” che non ha portato nulla. Un centrosinistra che deve tornare veramente nelle periferie e non usarle, come ha fatto qualcun altro, come slogan. Quella Torino usata e abbandonata quattro anni fa è quella che ha bisogno di ossigeno, di sentirsi parte della città e non essere considerata solo il male. Come quei quartieri che vengono sbandierati solo nelle sedi opportune, dove le chiacchiere ormai sono a zero. 

Va bene, il cambiamento non c’è stato, lo abbiamo capito tutti. Soprattutto da quelle parti dove la sinistra dovrebbe essere più presente e dare soluzioni concrete lavorando insieme ai residenti che adesso trovano retoriche risposte solo da una destra sociale sempre più pericolosamente vicina a loro e agli ultimi. Battezzare il lavoro della destra in questi quartieri come “strumentalizzazione” o “cavalcare il disagio” è sbagliato: bisogna tornare e, come detto, essere presenti, non essere altezzosi, ascoltare i tanti gridi di dolore che arrivano da più parti. Secondo noi questo è essenziale per chi vuole mettersi in corsa per governare questa città. Talmente semplice che sarebbe inutile dirlo.

In un passaggio di un post di Stefano Lo Russo scritto per ricordare i quattro anni di Appendino il capogruppo del Pd in Sala Rossa afferma: “La grande responsabilità che abbiamo adesso è quella di lavorare a costruire un progetto di Città “per” e non “contro”. L’esatto opposto di quello che hanno fatto con noi.”

Giustissimo. Ecco, Lo Russo ha centrato il punto: non si può pensare di iniziare a riprogettare la Città senza avere chiaro il concetto che lo si fa non contro le destre o Appendino, ma per Torino e i torinesi.

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