Elena Romani, la mamma della piccola Matilda, uccisa a 23 mesi con un calcio mortale il 2 luglio 2005 a Roasio, nel Vercellese, non avrà diritto al risarcimento da 80 mila euro. Un omicidio avvenuto nove anni fa, da cui l’ex hostess è stata definitivamente scagionata. Così, dopo l’assoluzione definitiva nel processo penale per omicidio, la donna ha chiesto, appunto, 80 mila euro per aver trascorso sei mesi in carcere e sei ai domiciliari nel corso delle indagini, ma la domanda è stata annullata dalla Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso presentato dal pg di Torino Vittorio Corsi, con rinvio alla Corte d’Appello.
I giudici supremi hanno sostenuto che il carcere scontato dalla Romani si può giustificare con un «mancato esercizio di una facoltà difensiva da parte dell’interessato». La donna, infatti, si era avvalsa della facoltà di non rispondere alle domande che le erano state fatte durante il processo riguardanti alcune affermazioni emerse dalle intercettazioni ambientali. Parole che erano sembrate compromettenti: «Non posso pagare per una cosa che non volevo fare», «È colpa della mamma», «La mammina ti ha fatto male», «Sono stata io» «Amore, ti ho dato le botte». Ed era stato proprio il rifiuto di dare una spiegazione che aveva indotto gli inquirenti a sospettare di lei e ad emettere quindi misure cautelari nei suoi confronti. Ora sarà un processo d’Appello a stabilire se l’ex hostess avrà diritto o meno a un risarcimento e a quanto sarà, eventualmente, l’ammontare.
Intanto l’omicidio della piccola rimane senza colpevole, dal momento che è stato dichiarato anche il non luogo a procedere per il compagno della Romani, Andrea Cangialosi. Il delitto perfetto, come lo chiamerebbe qualcuno.