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sabato, 27 Luglio 2024

Da oggi anche a Torino il saluto romano non è più fascismo, ma è "commemorativo"

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Il saluto romano può non essere “apologia di fascismo”. Questo secondo il pubblico ministero torinese Enrico Arnaldi di Balme che ha chiesto di archiviare le posizioni di nove militanti di CasaPound Torino denunciati dalla polizia per aver fatto il saluto fascista.
I fatti. Lo scorso 22 ottobre, al cimitero monumentale del capoluogo piemontese, durante la commemorazione dei caduti della Repubblica di Salò, gli attivisti avevano teso il braccio destro.
Il tutto era stato ripreso dalle telecamere della digos del capoluogo piemontese, che aveva immediatamente avviato le indagini, identificando gli autori del gesto e segnalandoli alla magistratura.
Una vicenda che riportava alla mente quanto avvenuto a Milano, sempre al cimitero, la scorsa primavera quando erano stati denunciati, ma poi prosciolti, militanti di CasaPound e LealtAzione che si erano dati appuntamento al Monumentale per una cerimonia commemorativa con braccio alzato.
Anche a Torino il reato contestato è la violazione della Legge Mancino, che punisce l’apologia di fascismo. E in tutte e due i casi, come detto, i giudici hanno chiesto di archiviare le posizioni dei militanti di estrema destra che dalla loro hanno una sentenza della Cassazione del giugno 2017 in cui viene stabilito che il saluto romano se “non determina il pericolo di ricostruzione di organizzazioni fasciste, il relazione al momento e all’ambiente in cui è compiuto”, non è reato.
Una sentenza “salva tutti”, insomma perchè in parole povere se il gesto è commemorativo (vedi il ricordo per i repubblichini o per i morti di Acca Laurentia) non si può considerare reato. In altri contesti invece è da valutare.
Ma la decisione della Cassazione non è l’unica che va in questa direzione. Già nel 2015 aveva fatto scalpore il pronunciamento di un giudice, Antonio Perrone, che prosciolse quattro ultras del Verona che, in trasferta a Livorno, salutarono romanamente. Queste furono le motivazioni: “Nel caso in specie il saluto romano si è collocato all’interno di una manifestazione di carattere sportivo [e tale contesto fa] dubitare fortemente che il gesto sia stato idoneo a pubblicizzare idee violente e discriminatorie, che sia stato finalizzato alla ricerca di consensi in questo senso, che abbia avuto concrete possibilità di raccogliere adesioni”. Per il giudice quindi si trattava di una provocazione rivolta verso gli avversari, una tifoseria di sinistra, durante una partita di calcio e, scriveva ancora “non è normalmente il luogo deputato a fare opera di proselitismo”.
L’esatto contrario di quanto accaduto nel 2016 con una sentenza della prima sezione della Corte di Cassazione (20450/2016) che interviene sul caso di sette tifosi condannati in primo e secondo grado per avere sfoggiato il saluto romano durante l’Inno di Mameli suonato in occasione di Italia-Georgia, partita per le qualificazione ai Mondiali che si era giocata nel 2008. In realtà i sette tifosi furono salvati dalla prescrizione, essendo passati i termini massimi per la contestazione del reato. Ma sul caso specifico i giudici della Cassazione hanno fatto notare come “il “saluto fascista o saluto romano costituisce una manifestazione che rimanda all’ideologia fascista e a valori politici di discriminazione razziale e di intolleranza, evidenziando che la fattispecie contestata non richiede che le manifestazioni siano caratterizzate da elementi di violenza, svolgendo una funzione di tutela preventiva”.
A Torino invece il pm Enrico Arnaldi di Balme, come detto, sceglie la strada tracciata il 7 giugno 2017 sempre dalla Corte suprema e che pubblichiamo qui sotto integralmente.

SCARICA SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE n.28298/2017

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