Nove mesi di reclusione e duecento euro di multa. È questa la pena che i pubblici ministeri Andrea Padalino e Antonio Rinaudo hanno chiesto per Giuseppe Grillo, come lo hanno chiamato durante tutta la requisitoria.
Beppe Grillo il 5 dicembre 2010 aveva varcato la soglia della porta della Baita Clarea, il presidio No Tav in Val di Susa. Un luogo abusivo per i magistrati, un simbolo per una popolazione che lotta da vent’anni contro la Torino-Lione.
Un carabiniere aveva avvertito il comico genovese che in caso fosse entrato nella baita avrebbe commesso un reato. Poco dopo Grillo usciva dalla porta mimando di avere le manette ai polsi e facendo un piccolo comizio durante la manifestazione No Tav di quel giorno.
Il reato contestatogli è violazione di sigilli, i pm gli hanno anche contestato la recidività per una precedente condanna per diffamazione.
Il processo vede imputate 21 persone con la stessa accusa mossa a Grillo. Sono state chieste quattro assoluzioni e, per il resto, condanne fra i 18 e i 6 mesi di reclusione.
Immediata la reazione del presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, che ha scritto una lettera aperta sul suo blog al leader del M5s: «Coraggio Beppe, quel che ti sta succedendo mi sta facendo rivivere ciò che è accaduto a me in questi anni».
«Purtroppo – prosegue – il sistema politico e dei poteri forti preferisce sempre criminalizzare i propri avversari politici, piuttosto che confrontarsi nel merito con essi. Io sono a quota 363 processi, tu solo a due, ma ti auguro di non raggiungermi, anche sei hai superato il consenso che aveva l’Italia dei Valori. Ribadisco il massimo rispetto per la magistratura e riconosco che l’azione posta in essere dalle procure di Torino e Genova nei tuoi confronti, per aver violato i sigilli della baita Clarea in Val di Susa, durante una manifestazione dei No Tav, e per aver istigato le forze di polizia a disobbedire, sia un atto dovuto. Ciò premesso, voglio però esprimerti, pubblicamente, solidarietà e vicinanza»
«Sono certo – aggiunge Di Pietro – che proprio quei processi faranno emergere la grande differenza che c’è tra chi, come hai fatto tu, esercita un diritto costituzionale, quale quello di esprimere liberamente il proprio pensiero, e si oppone ai tanti sistemi piduisti che controllano il nostro Paese, e chi, invece, approfitta del proprio ruolo istituzionale per commettere reati, a cominciare dalle tante truffe e frodi fiscali per cui personaggi di primissimo piano dovrebbero andare in galera e non in Parlamento a riformare la Costituzione».
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