Certamente, Pier Paolo Baretta ha un gran da fare per “portare in giro” tra riunioni, tavoli e trasmissioni televisive “i pensieri e le parole del Governo” relativamente all’eventuale accordo per il riordino del gioco e per il restauro dei casino online nuovi. Vuole far ben comprendere l’impegno profuso circa la riduzione delle apparecchiature da intrattenimento, i punti di gioco ed il cambio tecnologico degli apparecchi, interventi che dovrebbero mettere un punto fermo su un nuovo inizio del gioco pubblico. Normative, quindi, trasparenti e scevre da dubbie interpretazioni che hanno portato, sino a qui, confusione logistica per le attività che vivono di gioco e consentito alle Regioni di “difendersi” con i propri Regolamenti dall’assalto del fenomeno del gioco d’azzardo.
Nella sua qualità di sottosegretario all’Economia, con delega ai giochi, Pier Paolo Baretta è fermamente convinto che l’intesa con gli Enti Locali si possa concretizzare a breve, anche perché ormai i tempi “sembrano ormai maturi” per chiudere questa estenuante trattativa sulla riforma del gioco che si trascina da quasi un anno e che non lascia più spazio ad ulteriori rinvii. Ma esiste, inutile nasconderlo, il problema con le Regioni sulla “questione territoriale” delle distanze: il Governo ha proposto una distanza nazionale di 150 metri da tre luoghi sensibili “centrali”, scuole, Sert e luoghi di culto, mentre si è trovato dinanzi ad una controproposta di 300 metri e da una serie “davvero infinita di luoghi sensibili”.
Questa ultima richiesta mira, ovviamente, alla eliminazione del settore dal territorio e non può naturalmente trovare l’accordo del Governo: non si può proibire di giocare a chi desidera farlo e non si può neppure spostare il gioco solo nelle periferie che già di per sé stesse, a volte, sono luoghi e territori degradati ed inserirvi le attività di gioco non sarebbe coerente e giusto. Poi, le Regioni sottolineano la mancanza di interventi sulla pubblicità e sull’online che il Governo ha ammesso di non aver affrontato in questa Conferenza Unificata, poiché ha ritenuto ci fosse già “troppa carne al fuoco” per aggiungerne altra ancora, e sottolineando però che per l’online manca una normativa europea che andrebbe invece approntata.
Quello che si può comprendere e percepire dai discorsi che sin qui Baretta ha esposto sin troppo chiaramente per conto del Governo è che non si intende assolutamente proibire il gioco poiché questo, oltre a non essere eticamente giusto poiché non rispetterebbe la libertà di ognuno di scegliere come vivere le proprie ore di svago, non ha avuto anche in passato risultati positivi. Il “proibire” in qualunque posto sia stato messo in atto ha suscitato solo proteste, prese di posizione dell’opinione pubblica e rivoluzioni: non si vuole certamente fare balzi indietro nel tempo per ritornare in quei periodi dove appunto proibendo non si è ottenuto alcunchè di “buono”.
Spazio anche in questa carrellata di idee sugli orari di funzionamento delle apparecchiature da intrattenimento che il Governo ha proposto di lasciare alla decisione dei Sindaci che possono fermare il gioco per sei ore: non è una definizione, ma un primo passo per iniziare ad attuare un percorso condiviso e questo ci riporta al proibizionismo che andrebbe a riproporre, indubbiamente, il rischio della illegalità. Gli Enti Locali e le Regioni dovranno pur comprendere questo grave rischio: in ogni caso, in genere da parte di tutti, bisognerebbe cambiare il modo di pensare e di relazionarsi con il gioco in tutte le sue forme.