La maledizione dell’Ikea aleggia sui politici nostrani, specie nella compagine del centrosinistra. L’anno scorso toccò alla senatrice del Partito Democratico Anna Finocchiaro, oggi nello ciclone della polemica finisce il ministro della Difesa Roberta Pinotti, “pizzicata” insieme alla figlia e alla scorta all’Ikea di Collegno.
Il ministro è stato bloccato all’uscita per un controllo, dopo aver acquistato i mobili con la figlia, in compagnia della scorta. All’alt del sorvegliante, dipendente della Telecontrol, un uomo della scorta si è qualificato per evitare il controllo: “Abbiamo un pò fretta”. Il ministro ha optato per il metodo delle casse automatiche, per questo è stato casualmente selezionato come campione per un controllo dei pagamenti, come avviene nei grandi magazzini. La reazione dei sei bodyguard ha innervosito il vigilante, che si è allontanato indispettito, ma per evitare la frittata il ministro Pinotti ha fatto avvicinare il capo scorta ai controllori per comunicare la sua disponibilità alla verifica degli acquisti.
L’episodio è avvenuto sabato pomeriggio, nella filiale di Collegno della multinazionale svedese, dove la Pinotti era in compagnia della figlia primogenita che si è trasferita a Torino per studiare all’università. Se per la Finocchiaro fece scalpore vedere la scorta spingere il carrello, per la Pinotti il rumore è dato dal tentativo di eludere i controlli. La bagarre dell’Ikea arriva dopo la polemica che ha travolto il ministro della Difesa per l’utilizzo di un volo militare di Stato per tornare a casa a Genova.
Si dirà che la questione è di poca cosa, e indubbiamente ciò può essere interpretato come tale, ma anche questa circostanza fa riflettere su quanto in Italia, dopo l’orda giustizialista grillina e durante la propaganda moralista dell’efficienza renziana, la realtà della politica abbia una fisiologica difficoltà a cambiare, anche nelle piccole cose.