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sabato, 27 Luglio 2024

Intervista a Silvio Viale, padre della pillola abortiva: "Non strumentalizzate una tragedia"

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«Un fatto tragico, drammatico, che però non deve essere strumentalizzato»: sono parole dure quelle di Silvio Viale, il “padre” della Ru486, il giorno dopo la morte di Paola (nome di fantasia), trentasettenne torinese scomparsa all’ospedale Martini, per arresto cardiaco, dopo la seconda somministrazione prevista per l’aborto farmacologico.
Viale, consigliere comunale di Torino per il Partito Democratico (dopo anni tra le fila dei Radicali) e direttore del principale servizio di interruzione volontaria di gravidanza, a partire dal 2005 si è battuto strenuamente per la pillola abortiva, legalizzata in Italia nel dicembre 2009 ed entrata in vigore nell’aprile 2010. Adesso, poche ore dopo il tragico decesso di Paola, ci tiene a fare chiarezza. «Non c’è alcun nesso tra il farmaco contenuto nell’RU486 e l’arresto cardiaco. La gravidanza è di per sé un fattore di rischio, l’interruzione no. Se, per assurdo, volessimo ragionare in questi termini, potrei affermare che è più rischioso portare a termine una gravidanza che interromperla. Inoltre, è molto più rischioso l’aborto chirurgico che quello terapeutico, anche per il fatto che viene usato un numero ben maggiore di farmaci». Il medico, quindi, per quanto «molto addolorato» invita a non «porre la questione nei termini se sia giusto o no l’aborto, sarebbe scorretto. Certo, si tratta di una fatalità che deve essere affrontata. Al momento non sappiamo quale sia stata la scintilla che ha fatto scattare l’arresto cardiaco, non ci resta che aspettare l’autopsia. Fin da ora, però, posso affermare che non vi è alcun nesso teorico di causalità con il mifepristone (ovvero il farmaco contenuto nell’RU486, ndr), perché non ci sono i presupposti farmacologici e clinici».
Infine Viale traccia un quadro generale della situazione. «Decine di milioni le donne che hanno assunto la RU486 nel mondo e 40.000 in Italia – continua – L’episodio ricorda la prima e unica morte in Francia nel 1991, agli inizi del suo uso, che indusse a modificare il tipo di prostaglandina per tutti gli interventi abortivi introducendo il misoprostolo (Cytotec). Sono gli altri farmaci, gli stessi che si impiegano per le IVG chirurgiche, i maggiori sospettati di un nesso con le complicazioni cardiache».
«A differenza del mifepristone sono gli altri farmaci utilizzati nelle IVG, sia mediche che chirurgiche, che possono avere effetti cardiaci, seppure raramente – conclude – la prostaglandina (gemeprost) in primo luogo, già individuata come responsabile di decessi e complicazioni cardiache, ma anche l’antidolorifico (ketorolac) ampiamente utilizzato off-label in gravidanza e l’antiemorragico (metilergometrina) utilizzato in Italia di routine in quasi tutti gli aborti in ospedale e a domicili».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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