11.2 C
Torino
mercoledì, 23 Ottobre 2024

Il virus e la scuola che diventa smart

Più letti

Nuova Società - sponsor
Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Necessità fa virtù. L’incredibile svolta smart della didattica nelle scuole italiana nei tempi del coronavirus potrebbe protrarsi per molto molto tempo e ridisegnare il sistema formativo nel nostro Paese.
Al momento paiono troppe le incognite per sperare in un ordinario ritorno in classe tra  qualche mese, dopo l’estate, per gli oltre otto milioni di studenti e gli oltre ai due che lavorano nelle nostre scuole.
Sperare che mascherine e distanze di sicurezza possano essere rispettate nei corridoi e nelle classi dalle elementari all’università sembra per ora alquanto improbabile o almeno fino a quando non sarà disponibile un vaccino.
La migliore risposta a questo dilemma è stata la reazione di docenti e presidi che. alla chiusura degli istituti, si sono attivati con app e piattaforme per proseguire lezioni e non solo a distanza.
Una reazione importante non solo per affrontare il presente ma soprattutto per aprire uno squarcio innovativo verso La scuola del futuro, attraverso l’integrazione di teledidattica e lezioni ordinarie.
Tra i fenomeni di questo periodo ha sorpreso Il boom di lauree on line. Niente coroncine di alloro, niente stretta di mano e applausi dei compagni, ma tanta emozione e  soddisfazione dopo la sorpresa di dover discutere l’attesa laurea in casa davanti a un PC.
È quanto emerge dai racconti tra i tanti neolaureati via web dei tempi del coronavirus.  Un risultato impensabile solo fino a poche settimane fa.
La teledidattica, in barba agli atavici ritardi della scuola italiana, si è imposta principalmente per la grande volontà di presidi e docenti che hanno incontrato entusiasmo e disponibilità degli studenti.
Un percorso che ha messo in moto una catena di iniziative e collaborazioni anche tra diversi istituti, consentendo che le lezioni proseguissero in aule virtuali, come sollecitato anche dalle disposizioni ministeriali, nella gran parte delle scuole comprese quelle dell’obbligo. Proprio in questo comparto la sorpresa per il successo dell’iniziativa, anche con i più piccoli, è stata grande.
Certo sussistono difficoltà per famiglie non provviste o non in grado di interagire o collegarsi in rete, e per situazioni particolari in alcune realtà., ma il quadro complessivo risulta sorprendentemente positivo soprattutto per i tempi ristrettissimi in cui si è sviluppato questo processo di “smarterizzazione” della nostra scuola.

Un processo su cui ha anche pesato la collaborazione che hanno incontrato tanti docenti meno pratici con il web che si sono attivati grazie all’aiuto di colleghi più giovani o più esperti.

“Ho passato tante ore e anche nottate al PC”, confessa Antonella, un insegnante over 50 di una scuola elementare  torinese, “ma ritrovare l’entusiasmo dei bambini della mia classe anche se sul web mi ha riempito di gioia e soddisfazione”

Per gli insegnanti la fase due, quella dell’atteso e ancora non prevedibile ritorno alla normalità, sarà un nuovo inizio in cui pare evidente che l’esperienza remote si integrerà con le lezioni tradizionali.  Cosa questo implicherà, quali benefici, quali sviluppi non è possibile valutarlo oggi ma è certo che la macchina dell’innovazione si sia messa in moto.

Certo è evidente come tutto quello che riguardi il mondo della scuola abbia implicazioni sociali enormi. Questo non solo sul piano formativo ma anche per la massa di persone che coinvolge. Basti pensare al traffico legato agli spostamenti di milioni di persone impegnate in questa realtà.

L’impressione che emerge è che pur avvalendosi dei  vantaggi della teledidattica e delle lezioni a distanza, nessuno intende rinunciare al contatto diretto tra docenti e studenti. Una realtà umana fatta di timori, rumori, rituali, emozioni, condivisioni. Questo in un percorso che non può certo limitarsi a una serie di lezioni e contatti on line (che si potrebbero anche registrare e immettere in rete) per un processo che rappresenta soprattutto un fatto formativo,  tanto più nella scuola dell’ obbligo.

In questa fase di quarantena sono emersi diversi problemi per quelle facoltà scientifiche in cui è essenziale l ‘attività in laboratorio. Ma anche su questo fronte l’informatica si sta mostrando di aiuto con particolari piattaforme che consentono simulazioni a distanza.

Anche per le attività di orientamento per i giovani, che devono decidere il loro futuro universitario, si sta diffondendo la pratica  di colloqui mirati via Skype.
Insomma non si tornerà indietro.  il virus ha fatto fare alla scuola italiana un crash test che ha consentito un balzo che per vie ordinarie e burocratiche sarebbe avvenuto in chissà quanti anni.
Nel vivace dibattito sui siti per insegnanti emerge orgoglio per la missione compiuta e per il percorso avviato, ribadendo come, anche senza aule virtuali, i nostri ragazzi risultino spesso molto più preparati degli innovativi olandesi e di altre realtà del nord Europa in cui la scuola smart è una realtà da decenni.
Nel serrato confronto sviluppato sul web tra i docenti sono emerse preoccupazioni e interrogativi   per un futuro troppo smart che potrebbe influire sul  bisogno di insegnanti  a partire dai  precari.  Insomma la paura che quello che è toccato agli impiegati in questi anni potrebbe gradualmente interessare anche gli insegnanti. Altro timore è legato a possibili interventi che, per fronteggiare  la crisi sociale coronavirus, potrebbero tagliare  fondi proprio alla scuola.

Ma quando ci sarà la ripresa delle lezioni in modo ordinario?
Per Marina Brambilla, prorettrice all’università Statale di Milano. si andrà avanti con la didattica a distanza fino a fine luglio e su questa linea dovrebbero orientarsi molte facoltà. Poi tutto dipenderà dagli sviluppi dell’epidemia e dal sospirato arrivo di un vaccino.

Per il resto: tutti promossi. I ragazzi che stanno vivendo questo periodo unico e indimenticabile segnato dal Covid-19 potranno stare tranquilli.  Diversi docenti spiegano come non si tratti di un “sei politico” ma di un riconoscimento agli studenti per un percorso di formazione e per aver sviluppato interessi e passione per lo studio in un periodo non facile. Un discorso che va oltre insomma il voto finale. Un approccio che potrebbe ritornare al clima delle lotte studentesche contro la selezione degli anni 70.

 

- Advertisement -Nuova Società - sponsor

Articoli correlati

Nuova Società - sponsor

Primo Piano