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sabato, 27 Luglio 2024

Il ritorno della finanza creativa a Palazzo civico: l’ “abbraccio” Appendino-Peveraro continua. Equilibri di potere reggono quelli di Bilancio

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Che il Bilancio del 2016 variato da Chiara Appendino non stesse in piedi, ormai è fatto noto.  Quello che ora appare finalmente chiaro è che a non reggere sia proprio il Bilancio 2017, il primo ascrivibile completamente alla sindaca grillina.

Pur tra raccomandazioni e moniti, ma senza rilievi o modifiche, infatti, la Corte dei Conti ha esaminato e licenziato con la sua pronuncia sui conti fino al 2015, chiudendo un inverno nel quale la giunta pentastellata aveva tentato di scaricare sul passato la propria difficoltà a trattare materie di carattere economico-finanziario.

Ogni anno fa storia a sé nella contabilità pubblica e col Bilancio preventivo 2017, fatto quadrare a suon di operazioni “ipotetiche” dall’assessore Rolando, si sono mostrati tutti i limiti della manovra, che nonostante i richiami della Corte dei Conti in merito all’inopportunità di generare squilibrio tra entrate e spese non ricorrenti (ovvero entrate non ricorrenti che finanziano spese ricorrenti), ignorando le prescrizioni della magistratura contabile, imposta un bilancio tutto basato su entrate una tantum: 200 milioni tra multe, oneri di urbanizzazione, recuperi vari e dismissioni. Ma i nodi vengono al pettine. Al 31 luglio il nuovo direttore finanziario dovrà attestare il “permanere degli equilibri di bilancio”. Ovvero confermare che il bilancio resterà in equilibrio fino al 31.12.

Come fare, visto che gran parte delle entrate iscritte a bilancio non si stanno realizzando? I dati ufficiali diffusi in Commissione Bilancio parlano di non più di 20 milioni di multe riscosse su 109 e di 7 milioni su 47 di oneri di urbanizzazione. Insomma, il bilancio 2017 pare davvero “bucato”: negli ultimi 6 mesi dell’anno la Giunta pentastellata dovrà reperire quasi cento milioni per arrivare al pareggio.

Come fare?

Ecco gli escamotage allo studio, o approvati in fretta e furia in questi giorni per permettere gli equilibri:

revocare le varianti urbanistiche in corso (il cui iter tra pareri e tutele è molto lento) e trasformarle in procedure “legge 106” ovvero “decreto sviluppo”; si tratta nello specifico dell’ex area Thyssenkrupp e castello di Lucento (350mila metri quadrati tra corso Regina Margherita, via Pietro Cossa, via Pianezza e le sponde del fiume Dora), le aree a Nord e a Sud di corso Romania (965mila metri quadrati), la zona compresa tra strada del Portone, il confine con Grugliasco, corso Tazzoli, corso Tazzoli 215 interno e corso Orbassano (150mila metri quadrati), e l’area compresa tra corso Bramante, corso Turati e la linea ferroviaria (110mila metri quadrati). Trasformando le procedure in decreti sviluppo, saltano le tutele, gli iter accelerano e i supermercati della giunta Appendino si riescono a fare in fretta, incassando in anticipo le somme dai privati; un’operazione spregiudicata e avventata, già approvata dalla giunta. Così dovrebbe garantirsi una quarantina di milioni.

cominciare le procedure di cessione di alcuni pacchetti di azioni Iren, accelerando la diminuzione del capitale pubblico; in particolare si tratterebbe di parcheggiare pacchetti di azioni in una società veicolo coordinandosi col socio Comune di Genova, ottenendo in anticipo dalle fondazioni bancarie cittadine il controvalore. Insomma, finanza creativa pura. Magari spinta da qualche lobby torinese e non fortemente interessata ad acquisire, grazie all’emergenza, azioni Iren. Un vero ritorno al passato, ai tempi in cui Paolo Giordana faceva lo staffista da Peveraro, assessore comunale. In questo modo la Città potrebbe incassare subito una quarantina di milioni (e altrettanti Genova).

un piano dismissioni immobiliari tra i 150 e i 200 milioni, contenente di tutto, compresi immobili commerciali a reddito del Comune, come i negozi di via Garibaldi e via Po. Un piano “fantasioso”, pare più destinato a confortare la Corte dei Conti che attende le misure correttive della Giunta Appendino, che ad essere realizzato concretamente.

Insomma, ciò che è riuscita a fare la gestione Appendino-Giordana-Rolando è sbagliare il Bilancio 2017 per poi svendere tutto per recuperare la faccia. Un vero “ratto delle sabine in salsa sabauda”.

Il piano B, scaricare sul passato le attuali difficoltà, è fallito sotto i colpi dell’Audit, della Magistratura contabile e dei fatti. Adesso Appendino è rimasta sola e cerca disperatamente alleati nei poteri forti. Nessuno prima era riuscito, allo stesso tempo, a generare debiti fuori bilancio, approvare il bilancio preventivo in disequilibrio e tagliare l’inverosimile in settori importanti quali welfare e cultura, aumentando tasse e gabelle.

Quanto basta ai torinesi per disinnamorarsi della loro sindaca.

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