Dopo la decisione della corte d’assise di Palermo di rigettare le richieste degli imputati Totò Riina, Leoluca Bagarella e Nicola Mancino di presenziare alla deposizione del capo dello stato Giorgio Napolitano al processo sui rapporti tra stato italiano e Cosa Nostra tra il 1992 e il 1994 (la cosiddetta “trattativa”), l’avvocato di Riina, Luca Cianferoni, sostiene che l’ordinanza “sarà motivo di invalidazione del processo”.
Giorgio Napolitano deve essere ascoltato in relazione al contenuto delle sue conversazioni con il suo consigliere Loris D’Ambrosio (deceduto nel 2012) circa le pressioni dell’imputato (ed ex ministro dell’Interno) Nicola Mancino affinché il Quirinale ostacolasse le indagini della procura di Palermo sull’interlocuzione tra i vertici del reparto operativo speciale dei Carabinieri (Ros) e Vito Ciancimino, Totò Riina, Bernardo Provenzano, per fini politici e di ordine pubblico ancora in gran parte da appurare.
In vista della deposizione del capo dello stato, in programma al Quirinale il 28 ottobre, i legali dei tre imputati avevano chiesto che, come previsto dal codice di procedura penale, gli imputati potessero assistere all’udienza (nel caso di Riina e Bagarella in videoconferenza, perché in regime di 41bis). La corte si è però espressa in senso contrario adducendo ragioni legate alle “speciali prerogative del presidente della repubblica”, “all’immunità della sede” e “all’ordine pubblico e alla sicurezza nazionale”.
I pm che sostengono l’accusa si erano dichiarati favorevoli alla concessione di questa facoltà con una memoria, convinti che una lesione del diritto degli imputati potrebbe invalidare l’intero procedimento, in questi anni al centro di scontri giudiziari e polemiche politiche. Cianferoni avvalora oggi questa ipotesi sul versante delle difese.