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sabato, 27 Luglio 2024

Il cacciaballe

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

I dati dicono che siamo in piena recessione, la disoccupazione cresce e il debito pubblico è fuori controllo. La tassazione è alle stelle, e tra poche settimane potrebbe essere necessaria un’altra manovra lacrime e sangue.
Aggiungiamo le liti da pollaio dei politici su argomenti che interessano soltanto a loro e ai loro portaborse, spacciate dal sistema dei media come indispensabili riforme costituzionali, e il quadro di un Paese allo sbando è quasi completo. Quasi, perché curiosamente manca all’appello l’indignazione popolare nei confronti del responsabile di tanto sfascio. Che, dal 22 febbraio 2014, si chiama Matteo Renzi, anche se lui si comporta come se fosse ancora al primo giorno del mandato e non c’entrasse nulla.
Devo ammettere che inizialmente anch’ io gli avevo dato un po’ di fiducia. Mi piacevano il suo linguaggio diretto, la capacità di interpretare gli umori del paese, la voglia di rinnovare i riti stanchi della politica. Ma i cento giorni di luna di miele di ogni nuovo presidente del consiglio con l’elettorato sono passati da un pezzo, e basterebbe una rapida scorsa agli archivi dei giornali per rendersi conto che i buoni propositi del governo sono rimasti tali. Alle tante promesse fatte da Renzi non sono quasi mai seguiti i fatti, e se qualcosa si è mosso è stato su questioni di facciata, utili forse per influenzare l’opinione pubblica, come gli ormai famosi ottanta euro, ma non tali da incidere sulla sostanza delle cose.
E’ noto che gli italiani non leggono e hanno la memoria corta. Sorprendono tuttavia i sondaggi che ancora attribuiscono a Renzi la fiducia del 60 per cento della popolazione. Qualche forzatura ci sarà, come sempre in questi casi. Molto però è il frutto della sua indubbia abilità nel presentarsi come il nuovo che avanza mentre si mette d’accordo con i peggiori cascami della vecchia politica, scarica sul destino cinico e baro insuccessi e rallentamenti, e rilancia dopo ogni mano finita male. Esemplare, ad esempio, l’ultima esternazione di fronte alla dura realtà del calo della produzione: me lo aspettavo, ma avanti con le riforme. E pazienza se mai prima d’ora ci aveva messo a parte dei timori, e se per il momento le riforme di cui si discute non riguardano l’economia.
Ai miei tempi di uno così si sarebbe detto che era un cacciaballe. Oggi lo dicono soltanto i giornali esteri, come il Financial Times, che si chiede preoccupato se per caso il nostro presidente del consiglio non sia una “shooting star”, una stella cadente. Qui da noi facciamo finta di niente, anzi farnetichiamo di Renzi “esempio per l’Europa” e guardiamo ammirati alle sue giravolte, considerate indici di perspicacia politica, lungimiranza di pensiero e abilità manovriera.
Storia vecchia, il mito del capo che ha sempre ragione anche quando ha torto. Storia che non mi è mai piaciuta, ma che prima o poi dovrò imparare ad accettare. In fondo Renzi, come in passato Berlusconi, non fa altro che interpretare al meglio lo spirito dei tempi, ben simboleggiato dalla recente e non ancora conclusa gazzarra del senato. Abbiamo avuto la Carfagna e adesso, con impressionante e simbolica simmetria, abbiamo la Boschi. Cambiano i nomi – non tutti peraltro – ma non cambia la sostanza. E dunque avanti con i Calderoli e le Finocchiaro, facendo finta di cambiare tutto perché nulla cambi.
 
Dal blog di Battista Gardoncini

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