di Andrea Doi
“Scegli di sostenere le attività sociali del Comune di Torino. Una scelta a favore della comunità in cui si vive, senza costi aggiuntivi”. Questo è il testo che l’ufficio comunicazione della sindaca Chiara Appendino ha diffuso un paio di giorni fa, anche sui social. Ma le reazioni, anche sulla stessa pagina facebook della sindaca, sono state tiepide, per non dire fredde, e accompagnate da un alto numero di critiche. Perché? L’idea maturata nell’entourage della prima cittadina era quello di sponsorizzare i versamenti al 5 per mille che da anni il Comune già raccoglie, ma prima d’ora senza eccessiva enfasi o pubblicità. Il Comune riceveva, infatti, poco meno di 200mila euro all’anno.
Il perché di questa esposizione pubblicitaria va fatto risalire ad una duplice motivazione: la prima piuttosto spicciola e strumentale, ovvero raccogliere soldi per le casse comunali (a compensazione dei cospicui tagli sul sociale peraltro fatti dalla Appendino stessa). La seconda, invece, risponde alla filosofia di “comunità” che i Cinque Stelle vorrebbero affermare intorno alla loro vittoria e conquista di Palazzo Civico, come se la comunità cittadina nascesse solo ora e con loro.
In altre parole anche il 5×1000 nell’idea della giunta pentastellata diventa occasione di propaganda ideologica, sulla scorta della partecipazione attiva. E così, ingenuamente, un faccione con un simbolone Cinque Stelle di fianco al suo profilo facebook chiede ingenuamente alla prima cittadina: “Posso versarli anche da Asti?”. Come a dire: “Sosteniamo Il Comune di Torino non perché fa delle buone politiche sociali, ma perché lì c’è la nostra sindaca grillina”. Perché le critiche, dunque? Non al 5×1000 in quanto tale (come detto questo esiste e si può versare al Comune di Torino da parecchi anni), ma piuttosto per aver sponsorizzato con dei mezzi “concorrenziali”, quali l’immagine della sindaca stessa, la raccolta a favore del Comune, a dispetto e danno di tutte le altre organizzazioni del sociale esistenti con altrettante buone e nobili finalità.
Tra i tanti commenti social spiccano quelli di chi critica “lo spot” perché al Comune già si versano i tributi e le tasse (IMU, Addizionale Irpef, Tari, etc.etc.) e con quelle la Appendino già dovrebbe garantire i servizi essenziali, lasciando invece che il 5×1000 venga attribuito liberamente secondo coscienza dal cittadino contribuente.
Altri, più esplicitamente, ricordano che per migliaia di associazioni grandi e piccole quella è l’unica risorsa per erogare dei servizi di supporto a famiglie, cittadini, in svariati campi della società. Al contrario, evidenziano, quello che, invece, verrebbe versato al Comune sarebbe comunque destinato secondo scelte della politica, senza “specificazioni e trasparenza”. Senza dimenticare che il bacino del 5×1000 non è infinito e quasi certamente ad un aumento di versamenti al Comune corrisponderebbe un calo di quelli destinati a specifici soggetti o attività sociali.
In effetti, il 5×1000 è tuttora una risorsa preziosa per il privato sociale che va dalla ricerca in tema sanitario, alla cultura, all’assistenza, agli aiuti umanitari e così via. Il gigante Comune, occupando questo campo, lo fa a discapito di altri, più piccoli. Non è un caso se in passato, pur esistendo questa opzione, mai nessuna amministrazione ne ha fatto pubblicità esplicita o appelli addirittura del primo cittadino, come invece sta avvenendo con Appendino.
In questo caso un comune travestito da comunità può far male, mentre sua pagina facebook ormai si parla sempre meno di città e sempre di più di amenità varie. Ad esempio: il post sul 5×1000 è rimasto “schiacciato” tra quello su Vanity Fair e uno su Gianni Morandi.
Forse, esaurite le promesse di campagna elettorale, si vuole addirittura evitare l’argomento.