L’ignoranza è facoltativa, l’istruzione obbligatoria. Celeste Negarville, sindaco comunista di Torino nel 1946, amava citare spesso questo aforisma. E con ragione. L’Italia arrivava da vent’anni di dittatura in cui anche l’ignoranza aveva avuto un ruolo di prima fila nella demagogia funesta del suo capo, dei suoi accoliti, dei suoi scherani.
Ma a settantadue anni di distanza dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla scoperta dell’obbrobrio della Shoah, l’ignoranza continua a farla da padrona in questo Paese e, soprattutto, continua a mietere vittime.
Come altro chiamare, infatti, se non vittime dell’ignoranza, quei tifosi della Lazio che si sono arrogati il diritto di calpestare la testimonianza simbolo della malvagità dell’uomo per dare sfogo ad allo scherno verso un’altra tifoseria?
È evidente che non sanno neppure leggere, altrimenti si sarebbero resi conto di quale prezioso volto stavano sacrificando all’ignoranza. Sì, perché l’ignoranza è un corto circuito da cui si esce soltanto se lo interrompi. Dice bene la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello: «C’è una crisi di valori tra i giovani, non va sottovalutata».
Ma i valori vanno compresi per essere riconosciuti e se li si ignora, per ignoranza, è quasi impossibile comprenderli.