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martedì, 3 Dicembre 2024

Ibsen e i suoi fantasmi teatrali incarnano la società di oggi

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di Mara Martellotta
Ancora quattro giorni di repliche per una pièce che sta riscuotendo grande successo al teatro Carignano di Torino. E’ in scena fino a domenica 2 marzo Gabriele Lavia ne “I pilastri della società” di Henrick Ibsen, di cui firma anche la regia, in collaborazione con la Fondazione Teatro di Roma, la Fondazione Teatro Stabile di Torino e il Teatro La Pergola. «Gli spiriti della verità e della libertà sono i fantasmi della società». Così si esprimeva Ibsen nelle opere della maturità. Gabriele Lavia è tra gli artisti che meglio personificano il pensiero del grande drammaturgo norvegese. Dopo Nemico del popolo, il Lavia porta in scena nella doppia veste di interprete e regista I pilastri della società (1877), un dramma sociale con cui Ibsen avvia una convinta battaglia contro la falsità e la mancanza di morale, tematiche ancora oggi profondamente attuali. In esso emerge una delle figure centrali della drammaturgia dell’autore: il capitano d’industria abile e spregiudicato, pronto a sacrificare la sfera privata a favore degli affari («Se non ho sempre aspirato all’utile pecuniario, mi rendo tuttavia conto, ora, che un vivo desiderio di potenza, d’influsso di considerazione è stato la forza motrice di quasi tutte le mie azioni»). A Lavia va certamente non soltanto il merito di questa riscoperta ibseniana, ma anche la grande intuizione di aver colto lì, tra i fiordi, uno specchio vivido e per nulla deformato della nostra società. Lavia è consapevole infatti che la forza del dramma scritto nel 1877 è quella di insinuarsi tra le incrinature provocate dai mutamenti tellurici della storia: trent’anni prima della stesura de I pilastri della società fu scritto il Manifesto del Partito Comunista, erano quelli anni di rivoluzioni e conquiste, risale al ’54 la prima ferrovia che in quaranta chilometri collegava Oslo a Eidsvoll. Proprio la ferrovia rappresenta in qualche modo il correlativo oggettivo di quei mutamenti, della fragorosa corsa con cui la modernità si creava spazio tra natura disboscando aree verdi, rinunciando a principi morali e spirituali; e allora quei binari appaiono chiaramente come una cerniera d’acciaio che salda il progresso al potere del singolo.
“L’idea è quella di mettere il passato davanti a noi, davanti al pubblico, come uno specchio […]» rivela Lavia, facendo emergere la volontà di fare del teatro borghese un teatro civile. Il Console Bernick nasconde dietro la faccia d’angelo e la reputazione virginale una macchia che, come sempre accade in Ibsen, dal passato tornerà a flagellarlo: il buon nome del capitano d’impresa che ha donato la propria vita alla società rischia di essere macchiato dalla peggiore infamia, la menzogna. Ma Bernick è disposto a tutto, anche a passare sopra la vita umana pur di salvaguardare il progresso della società in cui vive; che questo coincida con i propri interessi personali, con il consolidamento del potere è solo una coincidenza, o meglio una concausa che non fa altro se non serrare maggiormente i ranghi attorno al progetto. Lo circondano una serie di inetti, tra faccendieri, leccapiedi e donne che fintamente aspirano alla salvezza dello spirito. Come può il dramma di Ibsen non essere lo specchio del nostro tempo? Dovremmo però chiederci cosa aggiunge la grande produzione voluta dal Teatro di Roma, dallo Stabile di Torino e dalla Pergola di Firenze. Probabilmente nulla, se non una illustrazione visiva di prestigio – Lavia ha affermato che è stata riadattata la scena di “Tutto per bene” della passata stagione.
Non convince del tutto Lavia quando afferma la propria idea di interazione col passato «[…] reso sia nell’impianto scenico, sia nella recitazione, affidandosi saldamente a una tradizione rigorosa e ad una cura degli elementi originari del fare teatro». Infine ci sono anche le luci splendide di Giovanni Santolamazza, che regalano cambi di eccezionale enfasi, controluci romantici e albe da cartolina.
Repliche:
giovedì 27 febbraio 19.30
venerdì 28 febbraio 20.45
sabato 1 marzo 20.45
domenica 2 marzo 15.30

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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