di Marco Grimaldi
E’ terminato, dopo quattro anni, il procedimento penale sulla vicenda Murazzi, senza nessuna condanna verso i privati e l’amministrazione torinese.
Ho accettato le critiche e gli insulti dei comitati dei residenti ‘antimovida’, ma non mi sono mai vergognato di aver partecipato al corteo funebre dei Murazzi contro il sequestro dell’intera area. L’ho fatto perché da anni chiedevamo una rigenerazione dei Murazzi, sicurezza, illuminazione, cultura, arredo urbano e soprattutto un nuovo piano d’ambito. Temevo che i sigilli su quasi tutte le arcate facessero saltare il primo vero tentativo di rilanciare quell’area.
A distanza di anni, possiamo dirci che il prezzo pagato dalla città è stato comunque troppo alto: si è finito per fermare il tempo, le storie, il suono. Proprio perché non ho mai giustificato un abuso edilizio o un mancato pagamento, ho potuto dire da subito che questa escalation intempestiva era esagerata. Un sequestro di un’area più lungo di una scena di un delitto o di un atto terroristico. Nessuno ci ridarà indietro Giancarlo e il Puddhu, questo lo sapevamo anche allora, ma da ciò al deserto c’è ancora tanto spazio.
Il nostro compito è quello di far sì che la notte sia di tutti senza spegnere Torino, certo non quello di rendere dura la vita a chi in questi anni ha provato a tenere accese le luci della città, a volte nei luoghi più sperduti. Per questo chiediamo alla nuova amministrazione di occuparsene davvero. Il futuro è già in giro, basta dargli fiducia. I Murazzi sono morti, lunga vita ai Murazzi.