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giovedì, 24 Ottobre 2024

I conti di Torino sono drammatici: serve un patto o avremo un amaro risveglio

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Ho assistito, in silenzio, ad uno stucchevole e sterile scambio di reciproche accuse fra il Sindaco Appendino e l’ex Sindaco Fassino sullo stato dei conti della Città di Torino.
E’ stato un continuo rimpallarsi di responsabilità sulla pelle dei Torinesi.
Dice il Sindaco Appendino: “I conti di Torino sono disastrati ed è tutta colpa di Fassino” e ciò troverebbe conferma nella Relazione della Corte dei Conti.
Ribatte Fassino: “La mia amministrazione è stata virtuosa. Ha ridotto l’indebitamento; lo riconosce anche la Corte dei Conti”.
La realtà è che la polemica politica prevale sulla verità e la offusca.
Ognuno legge nella Relazione della Corte dei Conti solo ciò che offre argomenti alla propria tesi.
Francamente tutto ciò non interessa né me, né credo i Torinesi. Stabilire per colpa di chi è un esercizio vuoto ed inutile.
La Corte dei Conti ha detto chiaramente che vi sono squilibri strutturali nei conti di Torino che si traducono in una grave crisi finanziaria riflessa nell’abnorme utilizzo dell’anticipazione di tesoreria.
Tutto ciò, come correttamente dichiarato dalla Corte dei Conti, non ha origine nel 2015 o nel 2016, ma è il risultato finale di una tensione che si è realizzata negli anni in plurimi esercizi in cui da un lato la spesa, ragionevolmente certa, è stata plasmata su accertamenti di entrata rivelatisi non attendibili e dall’altro i trasferimenti dallo stato si sono a poco a poco azzerati.
I conti di Torino sono drammatici; altrimenti non si spiegherebbe perché la Corte dei Conti suggerisca alla Giunta Appendino di valutare il ricorso alla procedura di cui al 243 bis del T.U.E.L. (c.d. pre- dissesto).
Mi limito ad alcuni dati di sintesi:
1. l’indebitamento totale del Comune di Torino al netto dell’indebitamento delle Partecipate ammonta a complessivi Euro 4.365.568.552 di cui Euro 2.862.474.000, per debiti finanziari ed Euro 779.663.304 per prestiti obbligazionari;
2. vi sono circa 500 milioni di Euro di debiti per garanzie che secondo la Corte dei Conti non sono indicati nei conti del Comune di Torino;
3. l’indebitamento complessivo delle Partecipate è un’entità ad oggi ignota;
4. il Rendiconto del 2016 del Comune di Torino evidenzia 4 parametri di deficitarietà strutturale;
5. Il Bilancio di Previsione 2017 – 2019 invero deludente recentemente approvato dal Consiglio Comunale non dà una corretta rappresentazione della situazione economico finanziaria della Città:
a) in particolare vi è una sopravvalutazione di voci dell’Attivo per circa 25 milioni di Euro;
b) una sottovalutazione / occultamento di voci del Passivo per circa 80 milioni di Euro.
Risanare Torino non è però, oggi, un compito per contabili di basso livello o per ragionieri di seconda fascia; richiede piena conoscenza della realtà e la disponibilità a proporre soluzioni innovative.
Occorre avere il coraggio di fare un cambio di passo significativo e abbandonare un approccio ideologico.
L’amministrazione, il risanamento e lo sviluppo di Torino devono, necessariamente, avvenire secondo tre linee ben precise:
a) riduzione dell’indebitamento della Città da attuarsi attraverso la dismissione delle partecipazioni comunali che abbiano un valore e la dismissione / chiusura di tutte le partecipazioni non remunerative. In altri termini il sistema delle Partecipate, vero cancro della Città, utile a garantire consenso e clientele deve essere drasticamente ridimensionato. Torino ed i Torinesi non si possono più permettere il lusso di mantenere questi carrozzoni.
b) occorre ricondurre all’interno del Comune i servizi di competenza propria affidando ai privati servizi attualmente svolti in modo inefficiente dalle Partecipate, dagli Enti o Fondazioni;
c) in ultimo occorre ripensare e adeguare il sistema dei trasporti pubblici che genera oggi cospicue e continue perdite; le due società in-house (GTT e Infra.To) sono tecnicamente fallite. Occorre individuare tramite una selezione, attuata secondo standard internazionali, un management adeguato che ridisegni il profilo di dette società, le renda efficienti e appetibili al mercato allontanando da subito ogni influenza del sistema politico sulla gestione delle stesse.
In un secondo tempo occorrerà:
a) revisionare tutti i contratti di appalto e di affidamento dei servizi, al fine di ottenere cospicui risparmi e di eliminare le diseconomie legate al sistema di potere attuale;
b) rinegoziare i termini del debito comunale, attraverso il coinvolgimento di banche internazionali estranee alle logiche di prossimità, al fine di garantire liquidità disponibile da reinvestire;
c) ridurre conseguentemente all’attuazione di quanto previsto nei punti precedenti le tasse locali (addizionali Irpef ecc.) e dare fiato ai cittadini;
d)- sostenere e sviluppare politiche sociali di tutela delle fasce più deboli.
La cultura del bene comune propria del movimento 5 stelle non può diventare la cultura del debito comune, perché delle due l’una: o chiediamo a tutti i cittadini un contributo straordinario per ridurre il debito (e non credo che le norme di legge attuali lo consentano) o ridisegniamo il profilo del Comune e dei suoi beni.
Lo sfondo è quello di una città che corre dritta alla bancarotta; in questo quadro, già di per sé terribile per le conseguenze che ogni torinese avvertirà presto nella sua vita quotidiana, si inseriscono tanti piccoli episodi di incapacità amministrativa e gestionale, compresa la tragica pagina di Piazza san Carlo.
Qui però è in gioco qualcosa di più importante, se mi permette, delle fortune politiche di Chiara Appendino o di Piero Fassino o di altri: è in gioco la sopravvivenza di una città, di fronte al rischio che il default acceleri dinamiche di impoverimento e spopolamento, verso approdi che ne muterebbero la fisionomia per molti anni in un grosso borgo di periferia con indici di disagio sociale difficili da recuperare. In una città in default chi ha le minime risorse si trasferisce altrove.
E’ tempo che anche Lei guardi in faccia la realtà per ciò che è, e che tutti ci guardiamo negli occhi: siamo capaci di accantonare per un momento progetti politici e ambizioni personali per dare una speranza a questa città? Siamo in grado di concordare tra noi passi difficili, ma inevitabili, per risanare Torino e restituire una prospettiva ai Torinesi?
Oggi propongo quindi a quest’aula – e non soltanto a Lei – un patto per Torino. Una tregua dalla polemica politica di fronte alle superiori e impellenti esigenze di questa città. Un incontro intorno a un minimo comune denominatore di risanamento e prospettiva.
Se pensa di risanare il debito con giochetti contabili di basso livello stia certa, la Corte dei Conti la fermerà e tutti noi cittadini avremo un amaro risveglio.
Se invece vuole intraprendere un serio progetto di risanamento secondo le linee, che lo ho sinteticamente prospettato, mi consideri al suo fianco.

Scritto da Alberto Morano, consigliere comunale di Torino “Lista Morano”

 

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