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“I CATTIVI PASTORI CARICANO SULLE SPALLE DELLA GENTE PESI INSOPPORTABILI..”

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Vittorino Merinas

“..che loro non muovono neppure con un dito”. Un richiamo al vangelo di Matteo col quale Francesco, nel 2014, apriva il Sinodo su matrimonio e famiglia. Più attento alla vita che ai trattati che pretendono regolarla, non gli sfuggiva il gravame che essi impongono, specie sulla sessualità. Quel riferimento palesava il suo desiderio che lì il Sinodo rivolgesse la sua attenzione. Certo non prevedeva i guai in cui sarebbe incorso, lui che, papa al di fuori degli schemi, in breve tempo di avversari, in rosso o paonazzo vestiti, già se n’era procurati a sufficienza.

Se la Evangelii gaudium in cui Bergoglio rivelava la sua visione della chiesa, aveva allertato i propugnatori d’una ‘verità per sempre’, l’Amoris laetitia ne confermava i timori. Qui il papa era giunto, a loro avviso, a ledere un insegnamento secolare: l’esclusione dei divorziati risposati dall’eucarestia. Non erano, dunque, immotivate le apprensioni serpeggianti fin dall’avvio del Sinodo e la messa in guardia di alcuni porporati col volumetto dal significativo titolo Permanere nella verità di Cristo. La nota 26 al paragrafo 300 dell’Amoris laetitia affermava esplicitamente che circostanze attenuanti la gravità del peccato di molti cattolici divorziati e risposati potevano valere anche nella “disciplina sacramentale”. In tal caso potevano confessarsi e ricevere la comunione.

In realtà, non solo i diffidenti abitudinari, ma anche credenti in non perenne fibrillazione di fronte al nuovo erano perplessi su questa apertura. La revisione d’una millenaria condanna affidata ad una noterella aveva bisogno di sicura conferma. Per i rigoristi era il momento atteso per un confronto con un papa poco dottrinario. Quattro cardinali, tre dei quali già redattori del Permanere nella verità, il 17 settembre scorso, inviarono a Francesco e al Dicastero della Fede una lettera in cui chiedevano di “dirimere le incertezze e fare chiarezza”, allegando 5 “dubbi” formulati, scrivevano, “in modo da richiedere come risposta un ‘sì’ o ‘no’”. Era la logica “del bianco e del nero”che Francesco rifiutava, giacché, motivava, “se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale applicabile per tutti”. Occorre, dunque, un percorso di “discernimento” per valutare la gravità della dissoluzione d’un matrimonio per un nuovo legame, pure “se ciò non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del vangelo proposte dalla chiesa”.

Pur non trattandosi, in realtà d’un cambiamento dottrinale, ma d’un richiamo a principi per la valutazione morale del vissuto di ognuno, la possibilità di contrasti Francesco l’ammetteva. “Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità…L’architrave che sorregge la vita della chiesa è la misericordia”. Se è vero che il discorso per concludere alla possibilità, in precise situazioni, di riammettere all’eucarestia divorziati risposati, nell’Esortazione appaia piuttosto tortuoso e causi incertezze, non è meno vero che il discusso capitolo VIII non preveda già e non risponda alle previste obiezioni.

Che si sia trattato d’un attacco al papa pastore della misericordia inclusiva più che maestro d’indefettibili verità lo rivelano due fatti. La lettera dei quattro al papa, tenuta segreta fino a metà novembre, mancando una risposta fu resa pubblica per metterlo con le spalle al muro; il cardinale Burke, uno dei quattro, dichiarava al National Catholic Register : “Se non vi fosse risposta alle domande sui punti controversi, allora si porrebbe la questione di assumere un atto formale di correzione di un errore grave”.

Un risposta formale non c’è stata. Solo il cardinale Mueller, prefetto della Congregazione per la Fede, in un’intervista ha espresso la personale convinzione che “non ci sia alcuna eccezione all’indissolubilità del matrimonio sacramentale… né alcuna porta aperta ad una forma di divorzio cattolico”. Francesco, invece, si è negato a questo equivoco confronto. Ai più dubbiosi già aveva suggerito la lettura della presentazione, ufficiale e chiarificatrice, dell’Amoris fatta dal cardinale Schoenborn. Ai quattro solo un amaro accenno in un’intervista ad Avvenire del 18 novembre. “Qualcuno dice che si vuole protestantizzare la chiesa? Non mi toglie il sonno… Quanto alle opinioni, bisogna sempre distinguere lo spirito col quale vengono dette. Quando non c’è un cattivo spirito, aiutano anche a camminare. Altre volte si vede subito che le critiche… non sono oneste”.

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