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La RAI secondo Verdelli

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Battista Gardoncini

Carlo Verdelli è un giornalista che cita orgogliosamente tra i suoi scoop il nudo di Martina Colombari su Sette e dice di avere stabilito il record di vendite per un quotidiano italiano con la Gazzetta dello Sport, dimenticandosi però di spiegare che lo ha fatto il 10 luglio del 2006, quando l’Italia ha vinto i mondiali di calcio. Attualmente dirige l’offerta editoriale RAI. Cioè non fa nulla, visto che i direttori dei telegiornali non aspettano certo i suoi consigli per decidere che cosa mettere in pagina. Dunque ha molto tempo libero, che impiega per elaborare complesse strategie di modernizzazione, dette anche “piani”, da proporre ai vertici aziendali. Ma questi ultimi, essendo stati insediati da Renzi, sono in attesa di conoscere i loro destini e di tutto hanno voglia in questo momento tranne che di prendere decisioni affrettate e possibili fonti di dispiacere per i nuovi padroni. Vedremo nei prossimi giorni. Ma in ogni caso è molto probabile che il piano di Verdelli resti lettera morta almeno fino alla prossima tornata elettorale.

Una vera fortuna, perché quanto finora è trapelato lascia francamente sconcertati. In estrema sintesi, Verdelli vorrebbe il TG2 a Milano, l’informazione in inglese sul nuovo canale Ray Italy, la fusione tra RAI News e la TGR per creare una rete capillare di corrispondenti attiva sul territorio ventiquattro ore su ventiquattro, in grado di alimentare un flusso continuo di notizie anche per il web, e la nascita di un nuovo telegiornale nazionale realizzato a Napoli e dedicato interamente ai problemi del Sud. Infine, pensa a una nuova struttura organizzativa aziendale, articolata su cinque macroregioni da cui far dipendere tutti gli apparati tecnici necessari, conservando le attuali sedi regionali perché previste dalla legge in vigore, ma svuotandole di ogni potere.

Sulla carta parrebbe affascinante. In realtà chiunque conosca almeno un poco il complesso mondo RAI si rende conto delle tante incongruenze del progetto. Ad esempio non si capisce bene che cosa dovrebbero gestire le macroregioni, che tra l’altro accorpano realtà diverse e lontane come il Piemonte e la Sardegna, la Sicilia e la Campania, il Lazio e la Puglia. Il personale? I mezzi? Le linee editoriali dei telegiornali? Nuovi programmi non giornalistici? E quale rapporto dovrebbero avere le macroregioni con tutte le strutture che attualmente producono il core-business della RAI, e cioè i programmi delle reti?

Il telegiornale per il Sud ricorda un po’ troppo la defunta Cassa del Mezzogiorno per essere preso sul serio. Quanto al trasferimento del TG2 a Milano, difficile non pensare a un contentino inserito nel piano per tacitare chi continua a sognare un secondo polo televisivo all’ombra della Madonnina. Se ne parla da oltre trent’anni, e non se ne è mai fatto niente. Ed è davvero difficile immaginare che la RAI decentri una parte importante della sua informazione proprio adesso, nel pieno delle fibrillazioni politiche che precedono un appuntamento elettorale di capitale importanza per il paese.

L’unica parte del piano di Verdelli che avrebbe qualche possibilità di essere presa seriamente in considerazione è quella che riguarda l’accorpamento tra RAI News e l’informazione regionale. E’ in discussione da qualche tempo, e ha una sua logica perché potrebbe dare una spinta importante in un settore dove il servizio pubblico radiotelevisivo è praticamente inesistente: il multimediale e la presenza sul web. Oggi RAI News, nonostante l’ottima direzione di Antonio Di Bella, ha ascolti minimali, come peraltro accade per tutti i canali all-news del mondo, visti dal grande pubblico soltanto in occasione di avvenimenti eccezionali. Ma ha dalla sua i mezzi e le capacità di fornire notizie in modo tempestivo e continuo. La TGR, che ha nelle sue redazioni oltre settecento giornalisti, è in grado di fornire una copertura del territorio che non ha eguali in Italia. Deve però fare i conti con una cronica carenza di mezzi, e viene considerata dai vertici aziendali una specie di Cenerentola nonostante gli ascolti molto alti dei suoi telegiornali, che occupano stabilmente i primi posti nella classifica degli ascolti di RAI3. I presupposti per una collaborazione ci sarebbero. Dovrebbero però essere mantenute entrambe le specificità, mentre nel piano la parte del leone viene assegnata a RAI News.

Non ci sono molti esempi nella storia di annessioni della parte più forte ad opera di quella più debole. E non sono molti i giornalisti della informazione regionale ansiosi di incatenarsi al desk per alimentare un flusso continuo di notizie multimediali, e di passare dai grandi ascolti dell’attuale TGR a quelli minimali di Rai News. Qualunque decisione dovrebbe essere presa dopo attente valutazioni, che nel piano di Verdelli, a quanto è dato sapere, non esistono. Un motivo di più, dunque, per pensare che l’opera del direttore dell’offerta editoriale RAI resterà lettera morta. E per azzardare la previsione che tra qualche tempo la RAI potrebbe non avere più un direttore dell’offerta editoriale.

oltreilponte

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