Torino ha la squadra calcistica più titolata, seguita, amata e odiata d’Italia. La squadra calcistica, cui dà il nome, dal 4 maggio del 1949 è nell’empireo del Mito.
La città ha e ha avuto società di pallacanestro, pallavolo, nuoto, atletica leggera, baseball, gruppi ciclistici di fama nazionale, pugili di discreta levatura ed altro ancora che colpevolmente potrò dimenticare. La città ha ospitato prima delle Olimpiadi invernali 2006 un girone dei Campionati mondiali di calcio del ’90 e le Universiadi del 1970.
Potrei continuare con l’elenco all’infinito, ma il risultato sarebbe soltanto quello di annoiare i lettori. Anche se qualcuno, ridestandosi dal torpore, potrebbe domandarsi che cosa stia accadendo a questa città che rinuncia nei fatti alla candidatura olimpica. E in seconda battuta, alla Regione Piemonte che sbatte il telefono in faccia alla federazione di pallavolo che ha organizzato i campionati mondiali con finali al PalaIsozaki.
Come stia andando è sopra le pagine dei quotidiani.
Le opposizioni antigrilline a sparare sulla Croce rossa, cioè su Nostra signora Appendino, il cui unico torto è quello di vivere in un suo mondo parallelo che non convergerà ma sulla realtà. Nulla di grave, se non fosse per i 900 mila torinesi da amministrare.
Per contrasto, in Consiglio regionale sono i grillini a strillare ora contro il malcapitato assessore allo sport Giovanni Maria Ferraris, reo di non avere compreso la caratura dell’evento sotto rete.
Insomma, come i capponi di Renzo, donne e uomini cui si è dato mandato di governo si beccano appassionatamente, convinti di avere un tempo infinito per continuare a manipolare le speranze delle comunità che rappresentano.
Il litigio non è ancora considerato sport e difficilmente potrà partecipare alle Olimpiadi. Lo dico con sincero rammarico perché con lo squadrone che soltanto Torino e il Piemonte metterebbero in campo, si potrebbe fare incetta di medaglie.
I capponi di Renzo
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