Inizia l’autunno caldo delle proteste studentesche. Uniti sotto lo slogan “La grande bellezza siamo noi”, migliaia di studenti in tutta Italia sono scesi in piazza per far sentire la loro voce è chiedere una scuola, un’università ed un Paese diverso. «Che non è quello del job act», ci tengono a precisare.
Scende in piazza la rabbia dei giovani che, nei giorni di discussione del decreto lavoro al Senato, chiede a politici e governanti di smetterla con parole vuote e misure poco efficaci vendute come soluzioni universali.
«Il Premier non può usare la condizione giovanile come uno slogan fine a sé stesso». A parlare è Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’Unione degli Universitari (Udi) che insieme alla Rete degli studenti medi ha organizzato la mobilitazione in tutta Italia. «È ora che la politica si prenda le sue responsabilità dando risposte reali ad una generazione precaria privata del proprio futuro», continua Scuccimarra.
Gli fa eco Alberto Irone, portavoce della Rete degli studenti, che insiste sul ruolo fondamentale che scuola ed educazione dovrebbero avere nella società italiana. «Negli anni – afferma Irone – gli studenti sono stati dimenticati, messi da parte ed esclusi, come molti altri soggetti. Vogliamo riprenderci il nostro ruolo di motore della società, vogliamo dimostrare al paese e alla politica che siamo noi la Grande Bellezza di questo paese».
Gli studenti che partecipano alla mobilitazione di oggi, chiedono dunque una scuola che sia all’altezza delle loro aspettative, che dia la possibilità di competere con i coetanei degli altri Paesi arrivando a rispettare quegli standard fissati a livello europeo ma ancora lontani dall’essere raggiunti, come gli ultimi rapporti Ocse indicano.
Per ottenere questi risultati, però, è necessario investire nella scuola. Un mantra che si ripete con scarsi risultati ormai da anni. «Questo è l’unico cambiamento che chiederemo oggi nelle piazze – spiega Scuccimarra – e che continueremo a chiedere anche il 25 ottobre insieme ai lavoratori perché non possiamo permetterci di vivere nella precarietà, che ci impedisce di investire sui nostri desideri e sulle nostre aspettative».
LEGGI ANCHE:
– Duemila studenti in piazza aprono l’autunno di lotte: l’articolo