Era il 15 ottobre 1967. Una domenica sera piovosa e fredda. Come quasi sempre capita ad ottobre a Torino. Dove aver battuto al vecchio Comunale la Sampdoria per 4-2 ed aver dispensato spettacolo e fantasia, se ne andava definitivamente il grande Gigi Meroni, l’indimenticabile “farfalla granata”, il George Best del nostro calcio. Se ne è andato travolto in mezzo a corso Re Umberto, distrutto da una macchina.
Conosciamo tutti la storia ed e’ inutile ripeterla per l’ennesima volta. Quello che, semmai, merita di essere ricordato è che Gigi Meroni è entrato nell’epopea del calcio italiano, è – con Valentino e gli indimenticabili “ragazzi di Superga” – la nostra storia, il nostro cuore pulsante e la nostra “diversita”. Il suo “mito” resta intatto. Il suo estro, la sua natura controcorrente, il suo coraggio e il suo anticonformismo fanno ormai parte integrante della storia e del popolo granata. Il suo dribbling, veloce e imprevedibile, la famosa “palombella” a Giuliano Sarti in uno straordinario Inter-Torino finita 1-2, il suo potere carismatico e la sua misteriosa popolarita’ – siamo negli anni ’60 e Meroni conviveva con una donna sposata in una soffitta di piazza Vittorio…- hanno fatto esplodere Torino per non venderlo a Re Agnelli per 600 milioni di vecchie lire. E questo perche’ l’Avvocato, come tutti sappiamo, di calcio se ne intendeva…..
E oggi Gigi Meroni non è un tassello del mosaico granata. No. Gigi Meroni è oggi la storia granata fatta di gloria e di dolori, di estro e di tragedia, di fantasia e di fato maledetto, di vittoria e di sconforto. Perché Meroni è il Toro. E il Toro è anche e soprattutto Meroni. Ogni qualvolta attraversiamo ancora corso Re Umberto lo sguardo cade li’, davanti all’ormai famoso Bar Zambon e alla triste traversata del corso per andare, dopo la partita, a trovare l’amata Cristiana….. E invece tutto è finito al pronto soccorso dell‘Ospedale Mauriziano.
E domenica contro l’Udinese lo ricorderemo, ancora una volta e come sempre, innalzando il suo nome e il suo cognome al cielo per sognare il suo ennesimo dribbling con i calzettoni bassi e la barba incolta con baffi indimenticabili. E lo canteremo tutti insieme, “GIGI ALE’, GIGI MERONI!”