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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Francesco aggiorna la Chiesa sull’omosessualità

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

“Le persone omosessuali hanno diritto a stare in famiglia, sono figli di Dio. Nessuno può essere espulso da una famiglia e non gli si può rendere la vita infelice per questo. Quello che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile. Hanno il diritto di essere coperti legalmente.“ Queste le parole di Francesco rilevabili dal documentario sulla sua vita del regista russo Evgeny Afineevsky. Parole d’un peso innovativo più che rilevante, anche questa volta sciorinate dal papa quasi casualmente in un discorrere semplice e amicale, come se si trattasse d’un’ovvietà. Che tali non siano lo dimostrano gli interventi tosto apparsi qua e là, come quello del vicario episcopale della diocesi di Trento, a precisare che le dichiarazioni del papa non intaccano la dottrina di sempre, secondo la quale “gli atti omosessuali rimangono un disordine morale, [mentre] l’orientamento sessuale non va ad intaccare la dignità della persona… e questo la dottrina cattolica lo ha sempre insegnato”.

   Che nel passato la chiesa abbia “sempre” inculcato rispetto per gli omosessuali è un’affermazione piuttosto azzardata. Basterebbe ricordare che la pratica del coming out è del tutto recente e coraggiosa giacché la cultura del disprezzo dell’omosessualità non è ancora tramontata e ad essa la chiesa continua indirettamente a dare un forte sostegno con la sua assoluta condanna delle pratiche omosessuali. Fino a non molti decenni fa incontrar rispetto per l’omosessuale godeva della stessa probabilità del rintracciare lingotti d’oro nelle tasche d’un mendicante. La sodomia è sempre stata considerata una depravazione senza pari, sulla scia del veterotestametario Levitico: “Se uno ha rapporti  con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio: dovranno essere messi a morte. Il loro sangue ricada su di loro.” Lavoro affidato, a cristianesimo ormai religione di Stato, al braccio secolare. La Costituzione imperiale di Teodosio disponeva, infatti, che “tutti coloro che praticano la scelleratezza di assoggettare il corpo virile alla passività propria dell’altro sesso, pagheranno tale crimine con la fiamma davanti al popolo”.

   Non è il caso, però, d’andare troppo lontano nel passato per constatare che l’atteggiamento della chiesa non è “sempre” stato di rispetto ed accoglienza per gli omosessuali. Basta spulciare negli scritti dell’ancora cardinale Joseph Ratzinger per una conferma aggiornata. Nel suo Rapporto sulla fede, del 1993, affermava: “Riguardo al problema dell’omosessualità sono in atto tentativi di giustificazione: è accaduto addirittura che dei vescovi, per insufficiente informazione o anche per un senso di colpa dei cattolici verso una “minoranza oppressa”, abbiano messo a disposizione dei gay delle chiese per le loro manifestazioni”. Nella Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali resa pubblica nel 1986 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede di cui era allora Prefetto, si legge: “Occorre precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa deve essere considerata come oggettivamente disordinata”. Dichiarazioni di tutt’altro sapore che di accogliente riconoscimento della dignità di quanti portano lo stigma “dell’inclinazione omosessuale oggettivamente disordinata”. Esse, piuttosto, manifestano la freddezza del rigore dottrinale, virtù intellettuale lodevole nei giusti momenti e nelle realtà che lo necessitano che, però, nella chiesa non dovrebbe godere di troppo spazio dal momento che essa si dichiara e dovrebbe essere madre misericordiosa. E’ vero che la chiesa impugna il baculum o bastone che, però, nel linguaggio ecclesiastico si chiama “Pastorale” conformemente all’uso cui è destinato di guidare amorevolmente il gregge, ma non di bastonarlo. Comportamento che non le si addice, ma che tuttora ha una quantità più che considerevole di seguaci, molti dei quali, guarda caso, non velati oppositori d’un pontificato animato da dolcezza ed accoglienza. Su questo sentiero non è certo l’odierna opposizione dell’episcopato italiano alla proposta di legge Zan che vorrebbe inasprire le condanne dell’omofobia. Un’opposizione che nasce dal timore di non poter più predicare la propria condanna d’ogni pratica omosessuale ed opporsi con forza ad ogni disposizione di legge che accolga le richieste di quanti omosessuali si sentono e come tali vorrebbero garantita la libertà di esprimersi e comportarsi. 

   Francesco si colloca su un fronte del tutto diverso, ispirato alla pastorale latinoamericana, che, al seguito del Concilio Vaticano II, ha privilegiato l’uomo sulla norma, giacché il messaggio di Gesù non è un formulario di credenze, ma un modo di vivere. Alla dottrina nei suoi elementi essenziali si potrà certamente arrivare, ma gradualmente rispettando i tempi e le condizioni di ciascuno. Umanità e vangelo non sono in opposizione, ma si potenziano vicendevolmente e Francesco ha fatto propria e mantiene questa linea di condotta e d’azione, integrata dall’una e dall’altro.

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