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martedì, 3 Dicembre 2024

Fornaro (LeU): "Aperture dal Pd? Non capisco di cosa si parli"

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

«Il dentifricio è uscito dal tubetto. Rimetterlo è difficile, meglio costruirne uno nuovo per tornare alla normalità». Con questa metafora il parlamentare alessandrino di Liberi e Uguali Federico Fornaro descrive la fuoriuscita di milioni di voti dalla sinistra e la necessità di proporre un nuovo soggetto.
Dal Pd ora si registrano segnali di grande apertura verso Liberi e Uguali. Che ne pensa?
Veramente sono sorpreso di questa domanda in quanto non capisco di cosa si parli. Nonostante gli attacchi elettorali noi siamo pienamente parte della maggioranza in Piemonte e in diversi Comuni. Non ci siamo certo dimessi. Noi non siamo una costola del Pd, non abbiamo alcuna preclusione e il dialogo non si è mai interrotto. Certo non possiamo accettare alleanze sulla base di progetti e uomini lontani dalle nostre idee.
Cosa pensa di cosa sta succedendo nel Pd. Rileva dei cambiamenti dopo la batosta del 4 marzo 2018 che ha colpito tutta la sinistra LeU compresa?
Siamo attenti al dibattito interno tra i dem ma al momento, in tutta sincerità, non mi pare che emergano particolari novità e non sembra si sia fatta una seria analisi e autocritica su quanto drammaticamente successo. DI fatto il partito resta controllato da un azionista di maggioranza che si chiama Matteo Renzi, indipendentemente dal suo ruolo. Renzi non è un uomo da minoranza e ora, senza una vera svolta, per quanto riguarda una possibile ripresa non mi sembra si possa essere molto ottimisti. Insomma non si rileva un dibattito che porti a un cambio di rotta fondamentale alla ricostruzione della sinistra. Questo con un Pd che per noi ha perso molto di quel rapporto sentimentale che aveva con il Paese. Molto diverso da quel partito che alla sua travagliata nascita si era imposto con una classe dirigente plurale e autorevole.
Ricordo che in Francia il leader socialista Robert Jospin si ritirò al suo orticello dopo una sconfitta di proporzioni inferiori a quelle ora toccate dal Pd. La verità è che a nostro avviso la batosta portata da Renzi al partito sia molto superiore a quanto dicano i dati.
Una batosta per la sinistra che ha anche penalizzato il vostro movimento?
Purtroppo da questa catarsi siamo stati colpiti anche noi, non essendo stati scelti come possibile alternativa anche da chi si è poi astenuto. Tuttavia non siamo pessimisti. Il progetto è stato fondato con importanti e differenti contributi e io vedo spazi politici per la nostra azione per riportare concretezza orgoglio e autorevolezza all’azione politica. Ricordo come in un decennio tutto sia cambiato: Nel 2008 Pd e Pdl avevano il 70% dei consensi ora sono di fatto dimezzati con la perdita di milioni di voti.
Da cosa parte la vostra analisi e l’ennesima riflessione post elettorale?
Occorre una lettura che prenda atto che bisogna andare oltre destra e sinistra in un paese dove è stato premiato a mani basse chi si è proposto come antisistema da quella che io definisco una “maggioranza rancorosa e non silenziosa”, proponendo cose che riteniamo impossibili come l’abolizione della Fornero e il reddito di cittadinanza. Ciò non significa che anche per noi sia importante rivedere la Fornero e integrare gli interventi per le famiglie in difficoltà. Certo tra chi cerca soluzioni concrete articolate e chi le spara grosse, sapendo che poi non si farà nulla, viene premiata la linea demagogica. Tanto più in un contesto in cui la sinistra ha perso di autorevolezza e credibilità.
Ma come non credete più neanche voi nei parametri destra e sinistra?
Certo che restano valori e impostazioni a cui siamo profondamente ancorati. Discorsi che più che sugli slogan devono partire da priorità come la difesa della sanità pubblica, dove si assiste al progressivo smantellamento di agevolazioni per i redditi più bassi, e nella difesa dei diritti dei lavoratori. In tal senso per noi il job act ha rappresentato una vera disgrazia per la sinistra. Inoltre occorre riprendere il rapporto con categorie come i lavoratori pubblici gli insegnanti che anno sempre rappresentato un bacino importante a sinistra.
Secondo lei il Pd ha perso il suo potere attrattivo?
Beh in tal senso è emblematico quanto accaduto nel torinese e non solo dove voti in uscita dai cinquestelle sono finiti alla Lega e non a sinistra. Questo perché si tende a premiare a prescindere un soggetto antisistema. Anche se Torino è una realtà dove comunque la sinistra ha tenuto.
Cosa dovrebbero fare i progressisti per invertire una china molto difficile in tutta Europa?
Occorre uscire da una logica sistemica imbrigliata da politiche liberiste. Riprendere una decisa azione in difesa della sanità pubblica con un forte impulso di discontinuità nei metodi della sua gestione, e poi una nuova attenzione verso categorie come lavoratori pubblici, insegnanti che sono stati da sempre un importante bacino del consenso a sinistra.
Cosa maggiormente la preoccupa sul piano politico in questo momento?
Mi preoccupa che se non si prenderanno a sinistra delle decise inversioni di rotta e interventi vi è il rischio di lasciare il Piemonte alla destra.

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