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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Emanuela Orlandi, il giallo delle ossa

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

E ora di nuovo, dopo 35 anni, la notizia del ritrovamento in un palazzo di proprietà del Vaticano, la sede della Nunziatura Apostolica di via Po, fuori dallo Stato Pontificio, di quelle che potrebbero essere le ossa di Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana scomparsa nel giugno 1983, ha immediatamente aperto un vortice di curiosità e interrogativi. All’origine del ritrovamento, a quanto pare, ci sono lavori che avrebbero scoperchiato il pavimento.
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La velocità con cui la macchina della giustizia si è messa in moto, (annunciando riscontri sul Dna dei resti), in collaborazione con il Vaticano stesso che, fino ad ora, su questo caso ha sempre mantenuto un rigoroso silenzio, non può fare escludere che le ossa possano essere quelle della sfortunata “ragazza con la fascetta”.  Per questo ritrovamento si è anche fatto il nome di Mirella Gregori, l’altra quindicenne sparita nel nulla a Roma, 40 giorni prima del rapimento di Emanuela. Una sparizione da sempre ritenuta legata a quella della Orlandi, per uno dei casi più controversi del secolo scorso. Un intrigo internazionale a base di ricatti, misteri e depistaggi in uno dei periodi più torbidi per l’attentato al Papa, i fondi a Solidarnosc, la P2, lo Ior di Marcinkus e il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Pietro Orlandi, il fratello, pare aver preso la notizia con le pinze. Non si è pronunciato ancora pubblicamente e probabilmente ha preso contatti personali con gli inquirenti o qualche fonte vaticana, per capire meglio.
Anche Fabrizio Peronaci, autore di due libri su Emanuela Orlandi, sul suo gruppo Facebook “Giornalismo Investigativo” invita alla massima cautela, anche se apre cautamente a una possibilità che punta  sulla quindicenne Mirella Gregori: «Premesso che il ritrovamento di resti in un locale annesso alla Nunziatura Apostolica è comunque inquietante, non si vede allo stato attuale cosa c’entri Emanuela Orlandi. Semmai – ma anche qui l’indicazione va presa con beneficio d’inventario – può suscitare qualche congettura il fatto che il luogo (via Po) si trovi a poche decine di metri da via di Santa Teresa, a Roma, stradina indicata dal supertestimone poi prosciolto, Marco Accetti, come luogo del nascondiglio di Mirella Gregori». Lo stesso Peronaci da mesi è sulle tracce, in base alle rivelazioni di un anziano monsignore, di una pista nuova: «quella che coinvolgerebbe alcuni frati benedettini nel duplice sequestro, con il passaggio di Emanuela, nelle prime ore, in un convento all’Aventino, nel centro di Roma, e la successiva morte sia della figlia del messo pontificio sia dell’altra quindicenne».
Sul ritrovamento in via Po sono in corso accertamenti e anche della Sala Stampa Vaticana si getta acqua sul fuoco in attesa dei riscontri sui resti. Certo, ossa nei meandri degli antichi palazzi romani non sono una rarità, ma un ritrovamento simile in una proprietà della Santa Sede, ammesso che siano le ossa della povera Emanuela o di Mirella, fa pensare che qualcuno abbia potuto ritenere che questo possa essere il momento per riaprire e forse chiudere definitivamente questa vicenda che da oltre un quarto di secolo mette in cattiva luce la Santa Sede.
Un caso, quello Orlandi-Gregori, davvero complesso, con misteriosi dossier che sarebbero stati visti sui tavoli della Santa Sede e fascicoli di ricette mediche attribuite alle cure della ragazza, dopo molti anni dalla scomparsa, quasi certamente a fini di depistaggio. Un quadro torbido e confuso che ha fatto sì che, pur in presenza di testimoni e “protagonisti” oggetto di approfondite indagini (come gli esponenti della Banda della Magliana e non solo), il caso sia rimasto un mistero, archiviato dalla procura di Roma nel 2015.
Ipotesi, congetture: ma ora quello che conta è sapere se quelle ossa siano quelle di una delle quindicenni sparite nel 1983. Certo è che se non fosse stato per l’instancabile volontà della famiglia Orlandi, dei comitati di solidarietà e per la tenacia di alcun magistrati e giornalisti la vicenda non sarebbe ancora d’attualità, ma solo uno dei tanti cold case da riproporre in tv in seconda serata ogni tanto come il discusso suicidio di Marylin Monroe o sui gialli della morte di John e Robert Kennedy. Le cautele sono comunque doverose, anche se la suspence in queste ore è altissima: il ritrovamento delle ossa della quindicenne cittadina vaticana o dell’altra ragazza, oppure magari di tutte e due insieme, come qualcuno sussurra dall’Austria (sul gruppo Facebook “Petizione Emanuela”, fondato da Pietro Orlandi), aprirebbe nuovi esplosivi interrogativi, ma riuscirebbe ad avvicinare alla tanto attesa verità?

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