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sabato, 27 Luglio 2024

Egitto, la guerra alle curve nemiche della democrazia militare

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

La rivoluzione contro Hosni Mubarak l’ha evidenziato. Quantomai in Egitto, il calcio non è solo affare di pallone e tifo, vittorie, sconfitte e fuorigioco. Tre anni dopo la strage di Port Said, quando negli scontri con la polizia e tra tifosi avversari morirono 74 persone, l’attenzione del Paese della Sfinge di Giza è nuovamente catapultata attorno al teatro dello stadio. Ieri, prima della partita della Premier League egiziana, Zamalek-Enppi, sono scoppiati violenti scontri all’esterno dell’Air Defense Stadium de Il Cairo fra i tifosi dello Zamalek e le forze di polizia. Il bilancio non è ancora certo e definito, ma ora come ora si contano almeno venti morti e 25 feriti. Un’altra strage di ultras. Come successo a Port Said.
I quotidiani egiziani sostengono che l’origine degli scontri sia stato il numero dei biglietti disponibili per l’ingresso nello stadio (5mila), a dispetto di una presenza ben più massiccia dei tifosi dello Zamalek (10mila). Le autorità militari hanno giustificato il loro intervento, a suon di manganellate e lacrimogeni, sostenendo che gli ultras volevano entrare senza biglietto. Due versioni bugiarde, laddove lo stadio era in grado di accogliere la quantità di tifosi accorsi e le foto scattate prima degli scontri hanno ritratto gli ultras con in mano il biglietto in bella vista. Fuori dallo stadio si è giocata una battaglia di piazza, una partita politica, che ha rimesso nel mirino una di quelle curve tanto ostili e nemiche della democrazia militare del generale Abd al-Fattah al-Sisi: gli ultras dello Zamalek, i White Knights, sono parte integrante di quella rete di curve politicizzate che hanno enormemente contribuito alla rivoluzione d’Egitto nel 2011, quindi alla cacciata di Mubarak, e tutt’oggi rappresentano un “problema di ordine pubblico” per la pacificazione armata dei militari.
In questo gioco di equilibri e provocazioni va inserito quanto successo nella capitale egiziana. Una scena che assomigliata tanto a quel che avvenne in quel 1° febbraio 2012, a Port Said, quando 74 tifosi vennero uccisi dalla violenza della curva del Masry (tifoseria storicamente vicina agli ambienti militari) e dalla complicità della polizia presente. Al Cairo gli eventi sono stati gestiti diversamente dalla forza pubblica, tamponando la confusione ma presentando comunque il conto della strage. L’educazione militare egiziana, al tempo delle divise al potere, passa anche dagli stadi.

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