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sabato, 27 Luglio 2024

Dialogo e libri contro il rischio radicalizzazione nelle carceri: lo scrittore siriano Shadi Amadi con i minori del Ferrante Aporti

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

di Moreno D’Angelo

Il dialogo con i giovani detenuti arabi, anche attraverso un libro è un fattore prezioso contro il rischio di radicalizzazione. A parlare è Shadi Amadi uno scrittore siriano reduce da incontri con i minori del Ferrante Aporti nell’ambito del progetto “Adotta uno scrittore” (iniziativa legata al Salone Off e Volta Pagina, in collaborazione con il Salone Internazionale del Libro.

«Sono il primo autore arabofono che entra in un carcere e dialoga con i giovani detenuti» precisa Amadi ricordando quanto questo sia importante in termini di prevenzione dato che molti dei radicalizzati sono diventati fondamentalisti proprio in carcere (casi Belgio e Francia). Tuttavia precisa come in Italia siamo fortunati rispetto a questo fenomeno con un quadro meno allarmante. «Il vuoto e la disperazione possono portare giovani, che a 17 anni si sentono senza futuro, ad essere facili prede dei manipolatori di odio» – precisa Amadi e ricorda: «Occorre trasmettere fiducia speranza perché la disperazione, il non sentire un futuro può dare origine a sbocchi violenti o pericolose chiusure contro le quali sono fondamentali interventi di prevenzione». Lo scrittore siriano ha inoltre fatto cenno ad alcuni comportamenti da lui definiti “ipocriti” secondo i quali alcuni giovani mussulmani detenuti ritengono molto più grave mangiare maiale che rubare o compiere altri crimini.

Sul come evitare i rischi di radicalizzazione tra i tanti giovani detenuti, ricordando le diversità che caratterizzano il mondo arabo, tutti concordano sulla necessità di sviluppare la prevenzione, attivando percorsi di alternativi alla detenzione e iniziative di coinvolgimento (corsi, attività lavorative, laboratori).

Alla domanda sui rischi di emulazione e fascinazione dei messaggi Isis lo scrittore ha rilevato come in realtà i giovani arabi si mostrino infastiditi per il modo con cui l’Islam viene solitamente rappresentato sui media e non siano così affascinati dal messaggi violenti del Daesh.

Shadi Amadi ha infine ammesso come, pur essendo arabo, non sia risultato sempre facile l’incontro con i giovani reclusi. Anche se ha definito questa esperienza molto toccante e significativa ribadendo l’importanza della presenza di iman e mediatori culturali anche dietro le sbarre.

Sul reinserimento e la sua efficacia sono tutti o quasi d’accordo ma poi occorre scontrarsi con un’amara realtà. Su questo si basa l’ennesimo j’accuse della Garante dei detenuti Cristina Gallo: «In carcere mancano mediatori culturali, educatori per attivare concretamente dialogo e politiche di reinserimento. Figure fondamentali per quei processi che portano alle tanto decantate misure alternative». La Garante ha poi indicato la priorità rappresentata dai diritti dei detenuti islamici, che definisce non tutelati, partendo da quello di di culto, assicurando appositi spazi di preghiera e ricordando come i musulmani costituiscano circa un terzo della popolazione carceraria. «Proprio così – precisa Cristina Gallo – anche al Cotugno Lorusso mancano gli educatori e ricorda un protocollo d’intesa tra Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) Ucoi (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia) per garantire la presenza di iman e mediatori culturali nelle carceri.

Entrando ulteriormente nel merito la Garante dei detenuti ha precisato: «sembrerà incredibile ma pensiamo ai tempi quasi sempre lunghissimi per realizzare il documento di “sintesi” (una sorta di pagella che valuta la possibilità di poter usufruire di misure alternative alla carcerazione, che viene poi sottoposta al Magistrato di Sorveglianza). Per questi ritardi interessanti progetti alternativi, come quello legato alle baite di Monesiglio (Cuneo) restano in attesa».

La Garante ha sottolineato la positività di iniziative in grado di sviluppare dialogo attraverso la cultura.

L’incontro con lo scrittore siriano e la Garante dei detenuti ha avuto significativamente luogo nel punto vendita Freedhome di via Milano 2, dedicato alla vendita di tazze, vestiti, borse prodotti realizzati dai detenuti, aperto a Torino dall’ottobre 2016. La serie di incontri di “Salone Off”, ospitati presso Freedhome ha l’obiettivo di creare un ponte tra “il dentro e il fuori” attraverso la cultura, lettura, scrittura.

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